La Recensione del Mese – Febbraio 2012
Meno male che quest’anno è bisestile e sono ancora in tempo per la rubrica. Perché questo libro non potevo non raccontarvelo. Si tratta di un dono inatteso, frutto dell’ultimo viaggio a Madrid, città che mi porta solo cose belle, per mano di una donna e una scrittrice eccezionale, Inma Chacón. Ma è un dono che mi giunge anche da ben prima di Madrid, da quando ho conosciuto la mia amica pantofolaia Francesca che a quel tempo era alle prese con una tesi bellissima. Una tesi dedicata a una scrittrice fantastica e bravissima, Dulce Chacón, sorella di Inma, troppo presto scomparsa lasciandoci orfani della sua scrittura. E a questo libro che mi ha lasciato un vuoto dentro e una terribile sensazione di meraviglia nell’animo: La voz dormida, in Italia uscito con il titolo di Le ragazze di Ventas.
Titolo: La voz dormida (in Italia: Le ragazze di Ventas)
Autore: Dulce Chacon
Anno: 2002
Editore: Alfaguara (in Italia: Neri Pozza)
Pagine: 384
La mujer que iba a morir se llamaba Hortensia. Tenía los ojos oscuros y no hablaba nunca en voz alta. Sólo cuando la risa le llenaba la boca, se le escapaba un Ay madre mía de mi vida que aún no había aprendido a controlar, y lo repetía casi a gritos sujetándose el vientre. Se pasaba gran parte del día escribiendo en un cuaderno azul. Llevaba el cabello largo, anudado en una trenza que le recorría la espalda, y estaba embarazada de ocho meses.
(La donna che stava per morire si chiamava Hortensia. Aveva gli occhi scuri e non parlava mai ad alta voce. Solo quando il riso le saliva alle labbra, le sfuggiva un ah, madonna mia che non aveva ancora imparato a trattenere, e lo ripeteva quasi gridando tenendosi la pancia. Passava buona parte della giornata a scrivere in un quaderno azzurro. Portava i capelli lunghi raccolti in una treccia che le arrivava al sedere ed era incinta di otto mesi.)
Inizia così La voz dormida, presentandoci subito la condizione e la sorte di una delle protagoniste del romanzo, Hortensia. La donna si trova nel carcere femminile di Ventas, a Madrid, che, all’indomani della fine della guerra civile spagnola e con l’inizio dell’epoca franchista è diventato l’infernale luogo di reclusione e sofferenza di tutte quelle donne che, per le ragioni più diverse, erano tutte considerate pericolose per il nuovo regime appena insediatosi, delle traditrici del proprio paese. Hortensia si trova lì perché comunista e perché facente parte di una delle associazioni di guerriglia he lottano contro il regime di Franco e la repressione falangista. Hortensia è figlia di padre comunista e ama un comunista, Felipe, ora alla macchia per non essere preso e ucciso dagli uomini della Falange, insieme al famoso Chaqueta Negra. Ma non è di Felipe che noi abbiamo notizie. Non subito. Chi conosciamo nei primi capitoli sono la giovane puerpera e le sue compagne, la sua famiglia nel carcere di Ventas. Incontriamo, così, Elvira, la niña que non va a morir, Reme, il cui marito (il Povero Benjamin) e i figli si trasferiscono dal paese a Madrid in un casa piccolissima pur di stare vicino alla mamma; Tomasa, che non riceve mai una visita e chiede a chiunque incontri se ha visto il mare…
La traduzione italiana del titolo, Le ragazze di Ventas, non è forse del tutto sbagliata, dato che l’intera narrazione parte da quel luogo e anche i personaggi che sono fuori dal carcere gravitano attorno ad esso: come Pepa, Pepita, la sorella di Hortensia, la ragazza dagli occhi azzurrissimi, uno straordinario personaggio esempio di forza e coraggio, capace per amore di compiere gesti azioni che spesso non capisce, o non vuole capire, poiché la spaventano, che resisterà a testa alta a tutte le dure prove che la vita, la Storia, il suo Paese le pongono avanti a sé…
Tuttavia trovo il titolo italiano incompleto. La voz dormida, il titolo originale, è la voce addormentata, sopita, ed è quanto mai emblematico della condizione di queste donne: le carcerate sono costrette quasi al silenzio ed è così che le risate nascoste o il canto di tutte le donne rinchiuse nella galleria numero 2 che s’innalza all’improvviso di fronte alle loro guardiane diventa l’unico mezzo per resistere; la voce dormida è anche quella che ognuna delle protagoniste porta dentro, quel segreto e quel dolore indicibile che non permette a Tomasa di piangere, che spinge Reme a cantare anche se stonata per non sentire il silenzio della vergogna per sé e la sua famiglia, che porta Hortensia a scrivere sul quaderno azzurro che Felipe le ha regalato ed è quel silenzio che Elvira porta orgogliosa con sé davanti al nonno al quale dice a testa alta di non aver detto nulla alla Falange nonostante le torture. La voz dormida non è però condizione solo delle carcerate. Doña Celia si prende cura silenziosamente di Pepita in ricordo della sua Almudena, mentre attende che il marito, anche lui condannato, esca di prigione, ed è il silenzio dell’attesa del suo amore che Pepita vive per quasi metà della sua vita.
Un romanzo tutto al femminile quello della Chacón. Non che non ci siano personaggi maschili, anzi, essi partecipano attivamente nell’intreccio della storia, tuttavia la sensazione che si ha di loro è quella di personaggi al margine del romanzo: Don Fernando è ormai la caricatura di se stesso, chiuso e nascosto dalla sua paura e dal rimorso, mentre Felipe e Paulino, il Chaqueta Negra, entrambi legati nel profondo alle vicende delle protagoniste, entrambi coraggiosi e fieri delle loro idee, sono però costretti dalla loro condizione di fuggiaschi ad avere un ruolo secondario. Se gli uomini sono costretti alla fuga, chi rimane a confrontarsi con la realtà non sono che le loro donne, le loro madri, le loro figlie, le loro sorelle. Un intero universo femminile che si trova a vivere la vita di tutti i giorni, il dolore, l’attesa, ma anche la speranza che caratterizzano la loro vita e, se sono costrette al silenzio, faranno di questo silenzio la loro arma per resistere e continuare a sperare, a vivere.
“A los que se vieron obligados a guardar silencio.” è la dedica della scrittrice all’inizio del romanzo. A coloro che furono costretti a rimanere in silenzio.
La storia raccontata non è affatto semplice. E’ una storia di grandi sofferenze, è la storia di un passato difficile da ricordare e da superare, una storia di ferite, disillusioni, ma anche di fede, speranza e amore.
Difficile raccontarla eppure Chacón ci riesce, E lo fa in uno stile quotidiano, lineare, semplice e spontaneo, a volte un pò crudo ma davvero efficacie, pur non mancando assolutamente i momenti di grande pathos e poesia. L’autrice nella fase di preparazione del romanzo compie un’attenta ricerca, raccoglie testimonianze e documenti, per dare una visione autentica e realistica di cosa succedeva in quegli anni, di come si viveva in quell’epoca, di quella parte di storia di cui popolo spagnolo è stato testimone silenzioso.
Difficile leggere una storia del genere eppure lo facciamo. Trascinati da un linguaggio colorito e accattivante, quanto mai verosimile, che ci fa sentire quasi subito a nostro agio, scivoliamo nelle vite dei protagonisti, le assimiliamo come assimiliamo i loro segreti e il loro dolori, i loro sogni e i loro desideri. Leggiamo e sentiamo il tempo e gli anni che passano scorrere sulla nostra pelle, ci immedesimiamo nei personaggi, nelle loro tragedie quanto nelle loro gioie che sentiamo sotto i polpastrelli a ogni voltar pagina. Tutto è molto fisico ne La voz dormida. Chacón mette in evidenza il corpo e le sue reazioni all’affrontare ciò che viene dall’esterno, buono o cattivo che sia, e trasmette tali sensazioni al lettore, intatte nella loro inesorabile forza.
Un libro che ti rimane dentro, La voz dormida. E ti ritrovi a pensare a quelle donne anche dopo aver finito di leggerlo. E ti ritrovi ad amarlo. Non puoi farne a meno. Conoscere, inoltre questa realtà, questo spaccato di storia, per me che ne sono appassionata e che adoro le ambientazioni di questo genere nei romanzi che leggo, è stato sicuramente un valore aggiunto, un ulteriore motivo per farlo. Perché, non smetterò mai di ripeterlo, la storia ci insegna sempre, in un modo e nell’altro. E qualcosa, tanto anzi, ci insegnano anche loro. Le ragazze di Ventas.
Consigliatissimo a tutte.
Voto:
Colonna Sonora: Tu Silencio – Bebe
Ti consiglio un Tè: un tè agli agrumi, che ricorda Cordoba, città natale di Hortensia e Pepita, dal sapore intenso e pieno, ma che alla fine lascia in bocca un sapore dolce e profumato.
7 commenti
Bellissima recensione cara! mi stupisci sempre..
RispondiEliminaSEi sempre bravissima! controlla la mail perfavore! :D
RispondiEliminaL'inizio del libro è folgorante. Deve essere proprio piacevole.
RispondiEliminaBuona giornata cara!
me lo appunto :)
RispondiEliminabella l'idea del consiglio del tè :)
Ho preso appunti, un abbraccio.
RispondiEliminabel libro!
RispondiEliminanon lo conoscevo e nemmeno la scrittrice anche se è stata tradotta in Italia.
me lo segno, non si sa mai che trovi in giro qualcosa.
il punteggio non ha paragoni con niente.
buona giornata
Sembra bellissimo, me lo segno!
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