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Una Fragola al Giorno

 

Salve a tutti!

Il libro di questo mese è un classico della letteratura francese che pochi conoscono ma che tutti dovremmo leggere: I Fiori Blu di R, Queneau.

 

 

Titolo: I Fiori blu (orig. Les fleurs bleues)

Autore: Raymond Queneau

Editore: Einaudi

Anno: 1965 (la traduzione di Calvino è del 1967)

 

 

 

 

Il venticinque settembre milleduecentosessantaquattro, sul far del giorno, il Duca d'Auge salì in cima al torrione del suo castello per considerare un momentino la situazione storica.

 

Uno dei libri migliori letti quest’anno. Mi domando perché non l’ho letto prima. Meno male che a tutto c’è rimedio. E così eccomi qua a elogiare un libro che per me dovrebbe essere inserito nei programmi di scuola, se la scuola fosse una cosa seria e non quello che è ormai…no no non divaghiamo. Dicevamo…

I fiori blu è un libro come non ti aspetti. Alla base della storia troviamo, secondo Calvino, l’apologo cinese secondo cui Chuang-Tzé sogna di essere una farfalla: ma chi dice che non si la farfalla a sognare di essere Chuang-tzé? Questo accade con i due protagonisti del libro, il Duca d’Auge e Cidrolin: chi sta sognando chi? Nelle prime pagine incontriamo il Duca d’Auge che dalla cima della sua torre s’interroga sulla storia, su unl passato ancora visibile e un futuro poco chiaro, e dal 1264 inizia a percorrere un viaggio nel tempo che lo porterà ai margini degli eventi principali della storia di Francia. La sua incredibile avventura viene intervallata da quella di Cidrolin, un indolente che vive su una chiatta con sua figlia Lamelia prima e poi, quando quest’ultima si sposa con il Dipendente dei Trasporti Pubblici, con Lalice, la sua giovane governante. Le uniche occupazioni di Cidrolin sono dipingere la sua staccionata, che ogni notte viene rovinata da scritte offensive nei suoi confronti, e, naturalmente, fare la siesta. Ed è con queste sieste e con i suoi turbolenti risvegli che le due storie vengono alternate: il Duca d’Auge sogna di vivere su una chiatta, Cidrolin di vivere nel 1614, e così via in una divertente staffetta che li porterà, infine a incontrarsi in quel 1964 che segna la fine del viaggio nel tempo del duca e anche la fine dei sogni di Cidrolin…

La storia è esilarante, ricca di giochi di parole, scioglilingua, espressioni edulcorate, non sense e satire pungenti alla cultura moderna. Molte sono anche le citazioni colte, i pastiche, le riprese parodiate di elementi cardine della cultura francese. Una lettura divertente ma mai banale né superficiale: Queneau in queste pagine gioca con temi a lungo dibattuti in quegli anni, come la discussione sulla storia e la storiografia, la linguistica, la psicanalisi. Tali argomenti caratterizzano il linguaggio del libro sempre ricco e poliedrico, capace di sostenere la narrazione e di renderla appetibile per il lettore che, dopo i primi brevi attimi di smarrimento e confusione, finirà per lasciarsi trasportare con enorme piacere in questa incredibile storia.

Numerose sono le interpretazioni che sono state date su questo romanzo, nelle quali sono stati chiamati in causa Hegel, il romanticismo tedesco di Novalis, la psicalnalisi, Cervantes, la Storia…I fiori blu è un libro colto e ricco dei più svariati riferimenti culturali. Leggerlo significa inoltrarsi in una rete di relazioni che non sempre sono facilmente individuabili o comprensibili. Occorre impegnarsi un pò, fare appello alle nostre conoscenze per poter cercare di capirci qualcosa…e non è detto che ci si riesca. Tuttavia, la mancanza della piena comprensione non diminuisce la godibilità della lettura…insomma, anche se non avete capito che dietro a tutto c’è Hegel (come nel mio caso) non mancherete comunque di ridere  da soli per tutta la durata del libro!

La traduzione da parte di Italo Calvino arricchisce, per  chi ha letto Calvino almeno una volta nella vita, un libro già di per sé unico. La nota del traduttore, posta alla fine del libro, è una vera e propria chicca in cui lo scrittore ci aiuta a comprendere meglio l’universo Queneau e la sua storia e dà inoltre importanti informazioni su come si svolge un vero lavoro di traduzione, un processo che, tramite le sue parole, può apparire affascinante anche ai non addetti ai lavori.

In definitiva, qui si parla di un libro che non ha davvero bisogno di eccessive presentazioni. Qualsiasi parola in più potrebbe solo sminuire il romanzo e non valorizzarlo adeguatamente. Il mio consiglio e di leggerlo e di abbandonarsi completamente a lui. Non ne rimarrete delusi.

Voto:

02:57 5 commenti

 

Una data che è parte essenziale della nostra storia: è anche per questo che oggi possiamo sentirci liberi. Una certa Resistenza non è mai finita

(Enzo Biagi)

Una giornata che ho sempre amato molto. E che spesso mi porta a riflessioni purtroppo amare. Ma festeggiare questa data è importante. Come importante è resistere. Ora più che mai. Per sentirsi davvero liberi…

Se tra una scampagnata e l’altra vi giungerà il pensiero di cosa significa questa giornata…buona festa della Liberazione…

resistenza

(per vederla ingrandita cliccaci su)

11:53 9 commenti

Questo mese film non ce ne sono stati molti. In generale è da un pò che non riesco ad avere tempo per fare tutto quello che voglio, ma, tra tesi e movimenti vari su e giù per la penisola (ragazzo a Torino, università a Bologna e parenti prossimi in Puglia) questo è quello che mi posso permettermi. Ma va bene così.

Un post dedicato a Lui però lo dovevo fare. Lui chi? Ma ovviamente al film Boris – Il film, uscito nelle sale italiane il 1° Aprile (e non si trattava fortunatamente di uno scherzo).

locandina

Il film nasce da un progetto precedente, ovvero la sit-com tutta italiana Boris, andata in onda su Sky a partire dal 2007 e terminata con la terza stagione nel 2010. La serie consisteva in una grande satira sulla televisione italiana e in particolar modo sul mondo della fiction italiana, un universo parallelo che si rivela essere dominato e manipolato dalla politica, dai soldi e dalle raccomandazioni fatte in cambio di favori sessuali. Un pò come accade in Italia in generale. Ambientato in un fantomatico set di una fiction nemmeno troppo lontana dalla realtà dal nome “Gli occhi del cuore”, Boris ci mostra le bassezze, ipocrisie e volgarità presenti in Tv e nel nostro paese in maniera ironica e geniale, mettendo in scena uno stuolo di attori bravissimi che meritano tutta la nostra stima e il nostro affetto. Ecco dunque il regista disilluso e un pò “esaurito” René Ferretti (Francesco Pannofino), che crede di riuscire prima o poi a realizzare qualcosa “di qualità” ma è costretto ogni volta a fallire; un assistente alla regia, Arianna (Caterina Guzzanti), che tenta di svolgere il suo lavoro con serietà pur non credendo più in ciò che fa; Duccio (Ninni Bruschetta) il direttore della fotografia ormai incapace di creare a benché minima atmosfera e che annebbia la sua mente con uso di droghe di ogni tipo, lasciando il lavoro con l’ordine di “smarmellare tutto” a tecnici un pò coatti come Biascica (Paolo Calabresi) e a stagisti-schiavi trattati come stracci come Lorenzo (Carlo de Ruggieri); un attore assolutamente mediocre che si crede un divo come Stanis La Rochelle (Pietro Sermonti); un’attrice, Corinna (Carolina Crescentini), che si crede una star ma è denominata cagna maledetta dal regista, la classica bella che ha raggiunto la notorietà per vie “traverse” e poco convenzionali (e visti i tempi neanche troppo poco convenzionali); Sergio (Alberto Di Stasio) il direttore di produzione, personaggio un pò losco che ha sempre problemi quando si tratta di pagare la troupe ed appare spesso invischiato in traffici non proprio legalmente accettabili per tentare di arginare le spese di produzione della serie; Lopez (Antonio Catania) il delegato di rete che rappresenta la rete con tutto quello che comporta: pesce piccolo in un oceano di squali, deve cercare di compiacere tutti gli ordini che gli vengono impartiti, provenienti non solo dalla direzione della rete ma, indirettamente, anche dal mondo della politica e in generale da quello di chi in Italia ha potere e soldi; l’ultima ruota del carro, Alessandro (Alessandro Tiberi), secondo stagista schiavo grazie al quale entriamo in questo mondo da cui lui, ancora ingenuo e alle prime armi, pieno di illusioni e aspettative, appare affascinato e stimolato, salvo poi accorgersi dell’amara realtà. Oltre ad essi, numerosi altri personaggi popolano il microcosmo di Cinecittà (Itala che magna sempre, i tre sceneggiatori che scrivono usando il mitico tasto F4, Karin le cosce, il mitico Mariano (Corrado Guzzanti), Martellone con i suoi orrendi tormentoni, Glauco (Giorgio Tirabassi) e la sua robba d’autore, ecc.) rendendolo un luogo paradossale, contradditorio, dissacrante, in cui tutto appare troppo esagerato per essere reale…oppure no?

Boris ci regala delle risate amare perché dietro ogni surreale scenetta si nasconde la triste verità sulla televisione italiana. E questo, una volta spento il riso, non può che darci da pensare.

Il film si presenta come una consacrazione della serie diventata ormai un cult. Questa volta ad essere preso di mira è il cinema italiano e anche in questo caso non c’è niente di cui essere soddisfatti. Ancora una volta René entra in crisi di fronte all’ennesima orrenda fiction di cui cura la regia e decide di abbandonare il set. Entrato in depressione profonda niente sembra più farlo rinsavire fino a quando Sergio della produzione, messosi in proprio dopo un attacco di cuore, gli offre l’opportunità di dare una svolta alla sua carriera: realizzare un trasposizione cinematografica del libro scandalo La casta che ha svelato tutti i segreti della classe politica del paese. L’idea è ambiziosa e René accetta. Ma il nostro regista non sa cosa realmente lo aspetta. Ben presto René si renderà conto che il mondo del cinema non è migliore a quello della televisione: sceneggiatori oziosi e pieni di sé, direttori della fotografia che si credono artisti dell’obiettivo, troupe sofistica ma assolutamente incapaci di terminare anche solo una sequenza di 5 minuti, attori viziati e alienati, eccentrici ai limiti della follia, produzioni con pretese culturali che fingono di desiderare un prodotto altamente culturale ma che in realtà sono desiderose solo di lauti guadagni. Tutto questo in una società che premia film tutti frizzi e lazzi come “Natale al Polo Nord” e che niente vuole saperne di un cinema un pò più vicino all’attualità e al mondo reale. A quel punto per René non resta altro che recuperare la vecchia banda degli Occhi del cuore e creare il prodotto che il pubblico italiano si merita. Ma non vi aspettate un lieto fine…

Boris – il film è, al pari della serie, irriverente, ironico, innovativo, capace di far divertire e allo stesso tempo denunciare ciò che non va in questo paese. Un metacinema che offre momenti a dir poco esilaranti e spunti di riflessione molto interessanti. Alcune frasi sono memorabili e tra i fan sono già divenute verità dogmatiche, come nel caso della frase che Arianna rivolge ad Alessandro mentre sono a cena nel suo ristorante: “Alla fine l’unica cosa seria in Italia
è la ristorazione
” o ciò che dice Lopez a Ferretti quando il regista minaccia di passare alla concorrenza: “Che minchia dici. Guarda, chiudi gli occhi. Ecco, adesso riaprili. Eccola la concorrenza.”. Si ride e ci si diverte con Boris ma quando le luci in sala si accendono ciò che rimane, oltre a un vago sorriso sulle labbra, è la triste sensazione che qualcuno  ci sta  prendendo davvero troppo per i fondelli e che è arrivato il momento di dire basta. René si è arreso alla triste logica del mercato televisivo e cinematografico…per quanto ancora siamo disposti a farlo anche noi?

Consigliato a chi ha amato la serie e a chi ha voglia di vedere qualcosa di nuovo di cui, per una volta, essere orgogliosi che si tratti di un prodotto italiano.

P.S. La colonna sonora di Elio e le storie tese è semplicemente MI – TI – CA!

Movie WishList:

  1. Habemus Papam di Nanni Moretti
  2. Limitless di Neil Burger
03:33 9 commenti

Come molte di voi ormai sapranno, sono una patita degli smalti. Ultimamente, causa lauree feste e qualche soldo in più in tasca (unbelievable!), ne ho comprati diversi e devo dire che ne sono entusiasta! ^_^

E’ che sta diventando più forte di me: entro in un negozio e dopo aver scorso gli stand di cosmetici vari, vado dritta verso tutte le boccettine colorate e resto lì come incantata da quella tavolozza di colori artificiali assolutamente irresistibili!

Un esempio: un pò di tempo fa incontro in giro per negozi una mia amica. Parlando del più e del meno scopro che sta cercando uno smalto da abbinare a un vestito per la festa di laurea. Ho proposto di accompagnarla da Kiko, il mio “spacciatore” di fiducia. Ho iniziato a far ruotare il piccolo stand in cui erano esposti i nuovi colori da poco arrivati nei negozi -colori che, a dir la verità, hanno già fatto tutti gli altri da mesi ma non al loro conveniente prezzo – per decidere insieme quale fosse più adatto, visto anche il tempo non più plumbeo. Beh sapete com’è finita? La mia amica ha comprato, ma anche io! Kiko nail lacquer n. 319, da loro definito come tortora chiaro, è un colore che mi è piaciuto fin da subito per le sue capacità di cambiare a seconda della luce. In ambienti con poca luce sembra un grigino venato di viola, ma al sole si tramuta in un lilla pallido che fa tanto “primi giorni di primavera”.  Come dire “chic ma non impegna”.

DSC03935

(visto i tetti che si vedono dalla finestra della mia stanza? Occhiolino)

 

Sempre in quel periodo, ero in cerca di un colore che io definisco verde acqua…e in effetti si chiama proprio così!

A dir la verità io avevo pensato a questo colore in tempi non sospetti, ben prima che Kiko lanciasse la collezione nuova. Volevo metterlo in previsione delle lauree di tutte le mie amiche, adattissimo a una camicia comprata da H&M alcune settimane fa. Ma un pò per prigrizia, un pò per mancanza pecunaria, non riuscivo a trovarlo da nessuna parte e ne ho provati tanti nel vano tentativo di emularlo. Alla fine Kiko ha esaudito i miei desideri ed eccolo qui: N.342. Io adoro queste tonalità, mi mettono  allegria e una grande carica.

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Una cosa che ho notato della nuova collezione -  scusatemi se dico baggianate ma non sono un’esperta come molte di voi – è che i tempi di asciugatura si sono ridotti. Per me che sono incapace di stare ferma troppo a lungo è un pregio enorme!

Piccola parentesi sugli smalti sperimentati prima di arrivare a questo: nei miei giri di shopping mi sono imbattuta in questo negozio, Wjcon Make it, che aveva tutti i suoi smalti scontati. Naturalmente sono entrata e ho dato un’occhiata. Ho alla deciso di prendere un loro smalto, il n 143 che è a tutti gli effetti un azzurro e quindi non era quello che stavo cercando…tuttavia non l’ho scartato per un solo motivo: asciugandosi si opacizza e si ottiene un effetto mat molto interessante. In tutto questo luccichio un pò di sana opacità ci voleva…

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Infine ne è successa un’altra la settimana scorsa: il mio amore per la Spagna e per Madrid mi hanno spinto all’acquisto. Again. In realtà ero uscita per comprare la cipria, ma, giunta al momento di pagare, la commessa mi dice “Non è interessata ai nuovi smalti Deborah?” Si tratta della collezione a edizione limitata Deborah Prêt-à-porter, con 40 tonalità pensate per la nuova stagione, al prezzo di 3.99 euro, 2.99 se andate da Limoni dove sono al momento in offerta.

“Guardi questo giallo è carinissimo…” Io ho pensato: giallo? No grazie! Ma lei continua: “Le faccio vedere una cosa…” e mi porta allo stand della Chanel. Chanel ha lanciato degli smalti per la primavera estate dai colori pastello, tra cui vi è un giallo mimosa bellissimo:

 

 

 

 

dopo questa incursione nel mondo chanel, la commessa mi porta di nuovo vicino agli smalti Deborah e con fare cospiratrice dice. “Questo smalto della deborah è molto simile a quello chanel e costa molto molto meno…perchè non approfittarne?” Lo smalto in questione è il n. 21 “Yellow Fiz”

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Ora magari il fatto che siano pastello entrambi può in qualche modo far pensare a una citazione, ma non so in fondo quanto siano simili. Stavo quindi per andare via, quando a un certo punto la commessa dice quasi sovra pensiero : “Sono proprio carini…yo le he comprado casi todos!” OMG! Ma sei spagnola!!!! Si scopre che lei è di Madrid (città magnifica dove ho trascorso il mio indimenticabile erasmus l’anno passato) e così ci siamo perse in chiacchiere madrilene per 10 min. Alla fine ho comprato lo Yellow Fiz, che tutto sommato non è per niente male considerando anche verso quale stagione andiamo incontro, insieme ad un altro smaltino: il n. 25 Emerald bijoux.

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Ero un preoccupata per l’iridescenza di questo smalto ma una volta messo e asciugato è meno iridescente di quanto pensassi.

Insomma, quando si tratta di smalti io perdo la testa. Ora però ho deciso di smettere di comprare. Basta. Niente più smalti fino al prossimo autunno. Sarò categorica e intransigente con me stessa.

…

vabeh, facciamo fino al mese prossimo! A bocca aperta

18:30 9 commenti

 

Ciao!!!

Finalmente riesco a creare questo post dedicato a un altro graditissimo premio per il quale ringrazio Tricheco de Il Magico Mondo dei Libri e Giuls e JustAlice de Il fichissimo Caffè di Whistle Stop…thank you so much!!

Ecco il regolamento:

1. ringraziare e linkare la persona che te lo ha donato;
2. dire 7 cose di te;
3. girare questo premio a 15 blog che ti piacciono, avvisando i blog elencati

La prima direi di averla già fatta…

Per la seconda, dopo le liste fatte in due post precedenti (QUI e QUI) eccomi a parlare ancora di me…dunque:

  1. Ho una passione smodata per gli smalti. Si tratta di una passione nata recentemente ma che mi ha completamente travolto. Ne ho di tonalità varie, dal giallo mimosa al rosso fuoco passando per il verde petrolio e l’azzurro acquamarina e li adoro tutti indistintamente…
  2. Sono pigra pigra pigra e appena trovo qualcuno disposto a fare una cosa per me, anche la più piccola, io ne approfitto gioiosamente…
  3. Adoro fotografare e farmi fotografare..si, sono un pò esibizionista…
  4. odio le giacche
  5. amo sciarpe & affini…ne ho tantissime, di tutti tipi, stoffe, colori, da quelle pesanti per l’inverno a quelle leggere e svolazzanti per le giornate di primavera…d’estate, quando le condizioni climatiche non lo consentono, ho grandi difficoltà con il mio collo che mi appare sempre nudo o troppo scoperto…e  aspetto trepidante l’autunno per ricominciare a portarle..
  6. Sono una ragazza da mezze stagioni: w l’autunno e la primavera…peccato che ormai siano completamente stravolte!
  7. Ogni mese compro più libri di quanti ne riesca a leggere…come dice Osho nella sua massima, tendo ad avvicinarmi all’infinito…

Bene e ora i vincitoriiiii!!

  1. Tricheco de Il Magico Mondo dei Libri
  2. Giuls & Just Alice de Il fichissimo Caffè di Wistle Stop
  3. Lunga di Il piccione colpisce ancora
  4. Dulina di Zollette di Zucchero
  5. ALICE♥ di The Flash Blog
  6. Feddy di Squarci d’immagine
  7. Emanuela di My Favorite Things
  8. Paleomichi di Michi
  9. Julia Twins di Confessioni di una lettrice pericolosa
  10. Penny Black di what part of MEOW don't you understand???
  11. Miss Claire di La collezionista di Dettagli
  12. Phoebes di Il tempo di leggere
  13. Nuvolette di Nuvolette colorate
  14. Aurora di A. Dream Project
  15. Malitia di Dusty Pages in Wonderland
20:06 12 commenti

La mia amica Silvia, da vera Tv series addicted, qualche tempo fa mi consiglia un nuovo telefilm: Raising Hope. “Se ti racconto la trama” – mi dice- “penserai sia un drammone tremendo ma non è così…”

In effetti la trama presenta questi elementi:

  • una famiglia povera
  • un ragazzo padre
  • una neonata sfortunata
  • una mamma serial killer che viene giustiziata
  • due nonni molto molto svampiti
  • una bisnonna affetta da demenza senile

detto così, in effetti, non sembra essere il massimo dell’intrattenimento. E invece, dopo solo la prima puntata ci si scopre innamorati!!

Jimmy vive con la sua famiglia in una cassetta sgangherata che non è loro ma della bisnonna, la maw maw, che da qualche anno non è più tanto lucida e si perde nei meandri della sua memoria. Lavora con il padre pulendo le piscine dei ricchi mentre la mamma si occupa dell’interno delle case dei ricchi, pulendo e spolverando. La vita scorre senza alcuna alternativa o progetto futuro e Jimmy comincia a pensare a un piano per risollevare la sua esistenza. Ancora non sa quanto la sua vita verrà rivoluzionata…

Andata in onda in America il 21 settembre 2010 su Fox e dal 3 febbraio anche in Italia, Raising Hope è una serie creata da Greg Garcia, già ideatore di My name is Earl, e presenta quelle atmosfere stravaganti al limite della moralità che già si riscontravano nel precedente telefilm. I genitori di Jimmy sono il classico caso di ragazzi divenuti genitori troppo presto, un pò ignoranti. un pò approfittatori, un pò sprovveduti, a volte poco svegli, a volte molto furbi, che in questi anni sono riusciti a sopravvivere e crescere Jimmy grazie a mille sotterfugi, incluso vivere a scrocco a casa della bisnonna con la scusa di prendersi cura di lei. Il quartiere in cui vivono è uno di quei luoghi in America in cui si concentrano le migliori stramberie: il cugino che vaga tutto il giorno sui pattini e con una radio in spalla, i due amici di Jimmy – rigorosamente uno afro americano e l’altro latino, tanto per rimanere sul cliché del sobborgo statunitense – che ne combinano una più idiota dell’altra, il direttore del supermercato inquietantemente ossessionato da bambole di porcellana e giochi di ruolo (tutti basati su saghe con elfi, hobbit e altri personaggi fantastici), l’inserviente maniaco, un cugino con il debole per le sette e i movimenti new age, una ragazza dal dente morto che ha un asilo per bambini, anziani e cani (???) e molto altro ancora. Unica ancora di salvezza per Jimmy e la dolcissima Hope è Sabrina, cassiera del supermercato, che sicuramente non esula dal resto dei personaggi in quanto a eccentricità ma è anche la persona più responsabile e “normale” tra quelle che Jimmy conosce e di cui il giovanotto s’innamora…riuscirà a conquistarla?

Raising Hope appartiene a quella categoria di telefilm statunitensi, come My name is Earl ma anche Chuck o Malcom o Modern Family, in cui, stravaganze a parte, vediamo in scena l’America più vera, quella degli stati di mezzo, lontani dal fashion della East Coast e dalla vita “take it easy” della West Coast. A noi telespettatori si rivela una paese che non riusciamo a comprendere, immersi come siamo nel sogno americano. Sono gli stati più poveri, fatti di imbonitori televisivi, buoni sconto, consultori gratuiti per chi non ha l’assicurazione sanitaria (grande problema della sanità americana), famiglie che vivono di escamotage ed espedienti, che votano i conservatori, che hanno un incredibile - e inspiegabile per certi versi- orgoglio nazionale. Sono la parte più autentica di un paese scenografico e un pò esibizionista, che tenta di mostrare al pubblico solo ciò che gli piace, nascondendo dietro le quinte tutto il resto. Sarà per questo che serie del genere piacciono: loro non nascondono niente ma, anzi, fanno dei difetti il loro punto di forza.

Al di là di queste considerazioni sempliciotte, consiglio Raising Hope per farsi delle spensierate, spontanee e tenere risate. Astenersi bacchettoni, moralisti, ipocondriaci, maniaci dell’igiene e persone prive di umorismo. Per il resto, godetevi Hope e la sua pazza famiglia.

14:03 5 commenti
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