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Una Fragola al Giorno

new year 2014

Indovinami, indovino,
tu che leggi nel destino:
l’anno nuovo come sarà?
Bello, brutto, o metà e metà?
“Trovo stampato nei miei libroni
che avrà di certo quattro stagioni,
dodici mesi, ciascuno al suo posto,
un carnevale e un ferragosto,
e il giorno dopo del lunedì
avrà sempre un martedì.
Di più per ora scritto non trovo
nel destino dell’anno nuovo:
per il resto anche quest’anno
sarà come gli uomini lo faranno”


("L' anno nuovo", Gianni Rodari)

Ho sempre amato questa filastrocca. Perché ti da l’esatta percezione di quanto il futuro sia imperscrutabile di come sia sempre l’uomo l’unico e solo fautore del proprio destino. Un messaggio che sa di speranza, perché vuol dire che il cambiamento è sempre possibile. Questo 2013 non era cominciato male, in fondo, c’erano tante incertezze ma anche diverse gioie… Peccato che sia proseguito rovinosamente. Non volevo scrivere un post triste, ma oggi più che mai sento il peso di tutte le cose che sono andate male, soprattutto il peso quasi insostenibile di ciò che ho perso. Ma un anno nuovo si affaccia all’orizzonte e devo farmi forza per affrontarlo al meglio, questa volta SOLA, ma confidando nelle mie capacità e nella mia indipendenza. Gli ultimi mesi mi sono trascinata triste e stanca nei giorni che si susseguivano, sentendomi come privata di un punto di sostegno che mi aveva aiutato a sorreggermi per anni e all’improvviso è scomparso. Il 2014 sarà l’anno in cui imparerò a trovare il mio centro di gravità dentro di me. So di essere forte, devo esserlo, e posso farcela. E il resto – felicità, lavoro, serenità, nuove avventure, amore – arriverà… basta non demordere. Voglio crederci in ciò che ho scritto. E forse questo è il momento dell’anno più adatto.

Vi auguro un 2014 ricco, pieno, satollo, di tutto ciò che desiderate, di vivere il vostro anno nel modo che più vi piace e di ritrovarvi il prossimo 31 dicembre 2014 con tanti bei ricordi da conservare per continuare sulla vostra strada.

E, dato che questo mese è stato quello delle classifiche ed è anche quello dei riepiloghi e bilanci, vi lascio con il recap dei migliori post di questo 2013 su Una Fragola al giorno, mese per mese. Perché ogni anno passato qui con voi è sempre un piacere e uno stimolo a continuare ad esserci.

 

Gennaio: il post che avete più apprezzato sono stati i miei deliranti pensieri di inizio anno. Senza capo né coda… vi rivelavo un periodo molto incasinato e incerto della mia vita.

Febbraio: si va a votare e io vi dedico una canzone. Nonostante sia andata come sia andata, credo sempre fermamente che ognuno di noi abbia il dovere e il diritto di esprimersi tramite il voto in quella che chiamano democrazia.

Marzo: mese povero di post, ma importante per un evento che mi sta particolarmente a cuore. Una Fragola al Giorno compie 3 anni!

Aprile: avete molto apprezzato i miei disturbi ossessivo-compulsivi quando si tratta di libri…

Maggio: vi è tanto piaciuta la mia recensione di Il Grande Gatsby, a mio parere il miglior film visto in questo 2013.

Giugno: Altro mese scarno di post, ma avete apprezzato il Recommendation Monday di fine mese.

Luglio: Abbiamo parlato delle nostre paura di crescere e del futuro…

Agosto: l’estate mi porta sempre grandi riflessioni. Come questa.

Settembre: ammettetelo, il mio calendario con le date di messa in onda delle serie tv era geniale! Post tra i più popolari di tutto il 2013!

Ottobre: la mia classifica del miglior film per ogni anno della mia vita è bellissima!

Novembre: avete sognato insieme a me con lo spot di Scorsese per D&G

Dicembre: ci siamo fatti prendere dall’atmosfera natalizia e abbiamo parlato dei migliori film da guardare sotto le feste.

 

E con questo è tutto, fragoli. Non mi resta che augurarvi ancora… Buon 2014!

happy-new-year-una-fragola-al-giorno-1

16:21 11 commenti

 

the-one-and-only

Street of Dreams è lo spot da sogno per The One, il profumo più famoso di Dolce&Gabbana, di cui tutti parlano. E a ben ragione. Perché si tratta di uno spot estremamente emozionante e suggestivo che non conta solo due attori bellerrimi come Scarlett Johanson e Matthew McConaughey, già testimonial per The One e The One Man in separata sede e oggi riuniti, ma anche la firma di uno dei più grandi registi di Hollywood: Martin Scorsese.

Due minuti di charme e tanta poesia, lo spot di Scorsese. Ambientato nella sua New York, che si presenta in una veste in bianco e nero, dall’aria vintage e da Vecchia Hollywood, qui si muovono i due attori, una Scarlett Johanson che nulla ha da invidiare alle dive di un tempo e  un Matthew McConaughey sicuro e perfetto nella sua posa da uomo anni ‘6o che non deve chiedere mai, e raccontano una storia di passione e sogni, che come la città che li ospita e gli attori stessi, sono unici. Come The One.

Il tocco d’Italia è dato, poi, dalla musica scelta di sottofondo: Il cielo in una stanza cantato dalla superba Mina, che avvolge tutto in una bellezza senza tempo e rievoca emozioni e suggestioni felliniane. La Dolce Vita a New York.

In Street od Dreams, Scarlett e Matthew parlano di qualcosa che è andato, di passioni una volta accese e ora spente, qualcosa che sarebbe potuto essere e che ora non c’è più, in una delle città più amate al mondo, che ha viste mille storie e mille volti e che non si ferma mai, ma va avanti e si trasforma, al punto a essere di giorno in giorno irriconoscibile per i suoi stessi abitanti. E così è anche la vita, dove ogni giorno non è mai uguale a quello che lo precede né a quello che segue e così facendo ci permette di continuare sulla nostra strada, nonostante tutto.

Uno spot in cui non è necessario scorgere il nesso e a cui dare un senso. Sono due minuti durante i quali lasciarsi trasportare da un’atmosfera nostalgica e romantica, lungo strade lastricate dei sogni di chi vi è passato, dove Scorsese rinnova l’amore imperituro per la sua città, rendendola scenario e protagonista di un’esperienza sensoriale ammaliante, con uno stile classico ma intramontabile.

Voi che ne pensate? Io ne sono innamorata.

Enjoy it.

19:48 18 commenti

tiguardo-nel-cuoreio

Qualche giorno fa leggo sulla pagina Facebook di Zelda was a writer di questa iniziativa: Ti guardo nel cuore: un invito per Lucia Annibali. Ho letto l’articolo dedicato a Lucia Annibali e ai suoi 36 anni. Compiuti oggi. Il suo Anno Zero. E mentre leggevo mi è tornata alla mente la notizia, distratta e confusa, che lessi mesi fa e il ricordo di un brivido sulla schiena che, nonostante la fretta con cui leggevo il giornale, è difficile reprimere e, poi, dimenticare. Ma niente più sapevo della vita di questa sfortunata ragazza, un avvocato con una carriera luminosa davanti a sé apparentemente stroncata da un amore malato, fino all’articolo uscito su Corriere.it.

E questa volta leggendo, la pelle d’oca mi è venuta per il coraggio di Lucia.

Lucia che ha sfidato dolori, operazioni, notti buie e silenzi del cuore. Che ha affrontato tutto con un coraggio e  una determinazione incredibili, nonostante tutto le remasse contro e i dottori fossero poco fiduciosi della sua ripresa. Sette interventi e un percorso che forse non finirà mai. Ma Lucia ora appare in piedi in tutta la sua bellezza. Un volto sì sfigurato, ma non è certo una cosa di cui deve vergognarsi lei, ma quegli uomini, tra cui il suo ex compagno, che le hanno inferto questa ferita in preda a un odio che mai riuscirò a capire. Ora questi individui sono in prigione. E lei può riprendere in mano le redini della sua vita.

L’aveva promesso a se stessa: “Prima o poi esco alla scoperto… Che vedano pure come mi hanno ridotta, non sono certo io che devo vergognarmi.” E ora il momento è arrivato.

Il gesto di Lucia mi ha commosso ma anche rafforzato. Viviamo in una società in cui le violenze sulle donne sono all’ordine del giorno. Non sempre le vedi al telegiornale o le leggi tra le pagine di cronaca. Molto spesso sono nascoste e chi ne porta i segni rifugge la realtà, perse in una ragnatela di sofferenze e falsità da cui è difficile uscire. Ma Lucia ha risalito la superficie e stracciato la ragnatela. E ora è pronta a lottare. E se Lucia può farcela, allora possiamo farcela tutte noi. Possiamo imparare e volerci bene, a comprendere e amare le nostre capacità, a  non sminuirci, a non incolpare noi stesse se in cambio di amore riceviamo violenza, a condannare chi ha tramutato la storia del principe azzurro in quella di Barbablù. 

L’Anno Zero di Lucia comincia oggi. E io non posso che augurarle di continuare ad avere questa forza e di vivere una nuova vita piena di tutto ciò che desidera.

Siamo con te Lucia. Un abbraccio forte e tanti auguri!

#augurilucia #tiguardonelcuore

14:18 10 commenti

Chiudiamo la settimana in dolcezza.

E anche in modo easy che sono completamente rintronata.

Adoro l’autunno ma questa fase di transizione mi scombussola tutta e parecchio. Sarà anche che in questa settimana ho cominciato a muovere i primi passi da social media editor per una wedding planner. Si, io e una weeding planner. Pare una barzelletta. Ma fare la social media era una cosa che mi frullava in testa da un po’, imparare a farlo almeno, e mi è stata data questa opportunità sotto forma di ennesima collaborazione – che non sia mai scappi un lavoro da questa parti, potrebbe incrinarsi l’equilibrio mondiale del precariato cosmico – ma non voglio lamentarmi, è un’occasione per farsi le ossa, imparare qualcosa di nuovo e vedere se ho la stoffa per questo mondo così social. Anzi – marketta time – se vi va di farvi un giro sulla pagina facebook o profilo twitter e anche sul magazine YES in ITALY, dove a breve compariranno anche alcuni miei articoli (ecco la mia professione, faccio la scribacchina), siete i benvenuti!

Ok la smetto.

Dicevamo che è un periodo di transizione. E dato che ormai le angurie sono finite, le pesche pure, le ciliegie da un pezzo, le fragole non ne parliamo, l’ultimo frutto estivo a cui ho voluto dire arrivederci per quest’anno è stato il fico. E, ovviamente, da golosa come pochi, ho deciso di salutarlo mettendolo in un bel dolce, che però vi stupirà sapere non è neanche così dolce come si pensa. Ma è buono e fresco e prima che arrivi davvero il freddo freddo risulta ancora piacevole da mangiare.

crostata

Come si prepara?

Partiamo dalla pasta frolla. La ricetta originaria diceva di farsela con le proprie manine sante. Si ciao. Se siete virtuosi della cucina fatela voi che, ovvio, è più buona. Se siete pigri e incapaci come me (impastare mi crea sempre tanti problemi) andate al supermercato vicino casa e comprate un bel rotolo di pasta frolla. Poi, tornati a casa, prendete la vostra teglia preferita e vi stendete un bel foglio di carta forno. Srotolate la pasta frolla nella teglia e la ricoprite con un secondo foglio di carta forno e una volta che l’avrete ricoperta bene, per tenere il foglio fermo durante la cottura, versate sul foglio dei fagioli secchi che faranno peso ed eviteranno al foglio di sollevarsi. Eh si, perché in questa ricetta la pasta frolla la cuciniamo alla cieca, ovvero alla fine della cottura la parte interna risulterà bianca, adatta ad accogliere un ripieno che non ha bisogno di andare in forno. Mettiamo la pasta frolla in forno a 180° per 30 minuti, se avete il forno ventilato procedete pure con 20 minuti a 160°. Una volta cotta, togliete il foglio di sopra con  i fagioli e lasciate cuore per altri 5 minuti. A questo punto, togliamo la crostata dal forno e la lasciamo da parte a raffreddare e ci occupiamo del ripieno.

Qui c’è la parte creativa, o meglio sperimentale, della mia ricetta. La torta era infatti con il mascarpone, ma a me il mascarpone non fa impazzire. Adoro invece lo yogurt greco ma a parte a colazione non so mai bene dove infilarlo. Ho fatto qualche ricerchina, ho visto che si poteva fare e così ho deciso: scambiamo il mascarpone con lo yogurt greco! Le quantità sono più o meno le stesse, ma potete toglierne anche 100 grammi circa se vi pare troppo.
Partiamo immergendo la colla di pesce, ovvero i fogli di gelatina per dolci, in acqua tiepida per 10 minuti. Nel frattempo lavoriamo per qualche minuto lo yogurt con lo zucchero a velo, avendo cura di conservare un paio di cucchiai di zucchero per la panna. Io amo il sapore dello yogurt e per questo ho diminuito la dose di zucchero, ma se voi volete che la crostata sia più dolce, aggiungete pure altri 20 grammi. Una volta ammorbidita, scoliamo la gelatina e sciogliamola in 50 ml di panna tiepida. Il resto della panna la montiamo con i due cucchiai di zucchero a velo. Una volta completato anche questo passaggio, uniamo la gelatina sciolta nella panna al composto di yogurt e zucchero; infine, aggiungete un po’ per volta la panna montata. Finito, lasciamo il ripieno a raffreddare in frigo per 1 ora circa. Una volta rassodato, prendiamo il ripieno e lo versiamo nella nostra base di pasta frolla, livellandola con il dorso di una spatola. Lasciamola in frigorifero mentre preparate la guarnizione.

Per guarnire, laviamo i fichi e li tagliamo a spicchi, dividendo ogni metà in tre parti. Una volta tagliati, caramelliamo i fichi per qualche minuto con due cucchiai di zucchero di canna. Lasciate raffreddare. Infine disponete sulla crostata e spargete una manciata di mandorle. Et voilà! La crostata è pronta!!

Image

(io ho un po’ pasticciato, al mio solito, è l’aspetto non è il massimo, ma vi assicuro che è buona!)

Gente, con questa io vi auguro un buon weekend. Alla prossima!

weekend

20:17 10 commenti

C’è che in questi ultimi giorni d’agosto (vedi estate) sto dando ripetizioni di inglese.

C’è che mi piace farlo. Al punto che ieri mi hanno dovuto ricordare che era finita l’ora da quindici minuti circa, perché io ero troppo presa dallo spiegare e fare esercizi insieme alla mia allieva. E che oggi ho dovuto tenere costantemente gli occhi sull’orologio per sapere quando fermarmi. Altrimenti potrei andare avanti per ore.

Ma questo l’ho sempre saputo.

C’è che dopo tanto tempo rispolvero una verità che ho nascosto in un cassetto trai maglioni di lana e i sacchetti profuma-biancheria. Per non pensarci più.

C’è che quando fai una cosa che ti piace, stai bene. C’è che stai bene perché ciò che fai fa parte del tuo essere.

C’è che quando una cosa sai essere tua, nel profondo, acquisti una sicurezza che non pensavi di avere.

C’è che ti ricordi che esiste qualcosa che sai fare in modo naturale.

C’è che ti piace stare con i ragazzi, l’esperienza da group leader te l’ha confermato già, ma che ti piace ancora di più quando sai che puoi aiutarli questi ragazzi.

C’è che il tuo concetto di sapere non è mai stato quello dell’intellettuale nella torre d’avorio.

97497209C’è che ti è sempre piaciuto sapere e conoscere perché hai sempre voluto anche condividere ciò che sai.

C’è che c’è poco da dire. Ti piace insegnare.

C’è che in Italia fare l’insegnante è quasi come dire “vorrei un unicorno”. C’è che non vorresti finire come questa signora qua.

C’è che sai che anche nelle migliori delle ipotesi finiresti come quella signora. Non ci arrivi neanche.

C’è che ti arrabbi anche, perché mentre tu vorresti ma non puoi, in classe ci sono professori che vorrebbero essere da tutt’altra parte ma che la comodità dell’impiego statale e del posto fisso non lo mollano - mica sono scemi - e intanto nessuno insegna ai ragazzi l’amore per il sapere e lo scoprire, ché le mie maestre e poi professoresse – donne che hanno sempre amato il loro lavoro, fino all’ultimo – sono invece riuscite a trasmettermi in toto. E per questo le ho sempre ammirate.

C’è che conosco tante persone come me che hanno accantonato questa idea perché è ormai un percorso irto di ostacoli e quasi sterile. C’è che questo mi mette tristezza.

C’è che quindi ripiego con cura il mio sogno e lo ripongo nel cassetto. C’è che spiegare il genitivo sassone mi limiterò a farlo in casi come le ripetizioni. Se e quando riuscirò ad averne qualcuna. E continuerò a guardarmi attorno alla ricerca di un posto anche per me.

C’è che negli ultimi giorni di quest’estate mi ritrovo a domandarmi ancora che fine farò, in attesa di sapere quando avrò uno stage (per il quale ho pagato) da parte del master che ho fatto perché i miei sogni sono tanti e questo lo voglio seguire e vedere dove mi porta.

C’è che ci sono troppe cose da pensare in questi giorni. Ma c’è che uno dei miei sogni è già bello che andato. Almeno per ora.

C’è che questo post è troppo triste quindi ora la smetto e torno al solito umore. Ma intanto beccatevelo così perché c’è che a volte uno ha bisogno di sfogarsi. Per poter tornare a vedere le cose dalla giusta prospettiva.

15:38 27 commenti

E anche quest’anno è andata. Giovedì 1 agosto sono atterrata in quel di Linate dopo essere partita dallo stesso aeroporto 15 giorni prima. Le differenze? Tantissime, a partire dalle emozioni.

Questa volta l’esperienza da group leader non era più una novità e un’incognita dopo l’avventura dell’anno scorso. Tuttavia, ritrovarmi dopo un anno in un aeroporto ad attendere dei ragazzi di 16 anni emozionati e forse un po’ spaventati, accompagnarli sull’aereo verso Roma dove avremmo conosciuto i nostri compagni di avventura, trovarsi di nuovo in Inghilterra ma in una città nuova, con un college diverso e persone sconosciute ad attenderci… beh, tutto questo non può che generare in te emozioni che credevi capace di gestire e che invece ti sommergono e ti avvolgono in un turbinio inaspettato.

Ed è una sensazione bellissima.

Il Leeds Met University è stato il luogo dove 130 persone si sono divertite, hanno scherzato, pianto, studiato, lavorato, amato, odiato, viaggiato. Nei suoi prati ci siamo rilassati e abbiamo giocato. Nella sua mensa abbiamo tentato (inutilmente) di apprezzare il cibo inglese. Nelle sue palestre i ragazzi si sono sfidati a giochi noti come il calcio e sconosciuti come il badminton. Il meeting point era il centro di tutti i nostri movimenti, il cuore pulsante delle risate, dei pianti, dei giochi e degli scherzi, dei segreti e delle confidenze, delle storie e degli amori e delle amicizie nate sotto gli alberi del grande parco adiacente, mentre tutti noi ci riparavamo da un insolito sole caldo, in Inghilterra una vera rarità ma di cui abbiamo potuto beneficiare per quasi tutta la nostra permanenza.

E mentre i ragazzi crescevano e si divertivano davanti ai nostri occhi, lo staff ha stretto un bellissimo rapporto. Anche quest’anno ho conosciuto persone splendide, simpatiche, con cui ridere e stare insieme è stato facile fin dal primo giorno. Con me c’era la mitica Maravigliosa, compagna group leader già in passato , ma ben presto si sono aggiunte la spumeggiante Daria, la dolce Stefania, il grande Emiliano, lo sportivissimo Massimo, l’irruenta Chiara, la simpatica Rossella, Anna l’infermiera perfetta, il Dottore Leonardo “fighetto”, l’imprevedibile Anna, gli straordinari vice-coordinatore Mario e la coordinatrice Alessandra, che hanno reso questo soggiorno unico e indimenticabile. Il pensiero di lavorare con loro e l’idea di trascorrere la giornata con 120 venti splendidi ragazzi ha reso ogni risveglio al mattino facile e felice. Nonostante la stanchezza, nonostante le giornate no, nonostante le ronde notturne, nonostante le piogge improvvise e il tempo mutevole a ogni battito di ciglia, nonostante i momenti difficili, gli attraversamenti mai ordinati e i ritardi, nonostante tutto e grazie anche a tutto questo, Leeds 2013 è stata una delle esperienze più belle e resterà sempre nel mio cuore.

Essere group leader quest’anno è stato un piacere e un onore. E all’atterraggio in aeroporto, tale consapevolezza mi ha reso ricca e felice.

I love it!

leeds2013

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Fragoli! So che ultimamente sono sfuggente, ma l’estate mi porta per altri lidi e altri luoghi. Questa settimana sarò in Maremma. Come al solito fate i bravi e ci rileggiamo al mio ritorno! See you!

01:49 10 commenti

Tralasciamo l’enorme errore di grammatica, che al solo sentirlo ho avvertito un brivido corrermi lungo la schiena. Ma quando quella ragazza seduta dietro di me sull’autobus ha pronunciato questa frase, con una spontaneità schiacciante, ho sentito – oltre al brivido – una scossa nel profondo. Lei parlava con il suo ragazzo e discutevano del futuro, della tesi e della loro vita dopo la laurea, dei lavori o meglio della mancanza di lavoro dei loro amici già laureati. E io ascoltavo, rapita da un discorso che, nella sua semplicità e con tutti i suoi errori, era tutto ciò che ho sempre pensato a proposito della mia vita e di quella dei miei amici, compagni di un’avventura tutt’altro che emozionante: il mondo dopo l’università.

Quando abbiamo cominciato ad avere così paura del futuro?

Ricordo che da bambina ero più che sicura di cosa avrei fatto da grande. Guardavo E.R. o la Dottoressa Giò (si lo ammetto, ma ero un’infante, abbiate pietà), I ragazzi della terza C o Compagni di scuola e sapevo che nella vita avrei fatto la dottoressa o la professoressa. Facevo merenda con anime giapponesi e serie americane (che a quell’epoca si chiamavano cartoni animati e telefilm e basta) ed ero sicura che il mondo era sempre più vicino e che avrei viaggiato con la stessa facilità con cui la domenica insieme ai miei genitori andavo a trovare i miei parenti a 50 km da casa. Leggevo libri su libri e confidavo che la cultura mi avrebbe reso una donna migliore.

Sì, ero un mare di certezze da piccola.

Quando sono cresciuta, ho seguito un percorso che mi ero delineata da sola, conscia di inorgoglire i miei che volevano per me un futuro radioso. Studiavo, prendevo bei voti, poi assolutamente il Liceo e una volta diplomata l’università, possibilmente fuori casa, così avrei imparato a essere indipendente. Al liceo le certezze hanno cominciato a vacillare. “Scegli quello che ti piace! Non ti uniformare, non essere banale, vai lontano da casa e fatti una vita altrove, cresci e sii fantastica!”, questo mi ripetevo mentre cercavo la facoltà adatta a me.

Ero un mare di insicurezze da adolescente.

Ma avevo ancora fiducia nel mio futuro. Volevo spaccare, volevo volare, imparare a cavarmela da sola. Basta mamma, basta papà, basta amici poco interessanti e preoccupati solo di come apparire il sabato sera. Volevo gente stimolante attorno a me, che mi mostrasse cosa ci fosse al di là del nido. E volevo apprendere tutto il possibile che potesse servire a crescere e diventare la persona fantastica con  una carriera da sogno che desideravo.

Moltissimi chilometri da casa e mille cose da scoprire e persone da conoscere. Gli anni universitari ci hanno colto nel momento in cui la vita vuole mostrarci come sia veramente, ma a ben guardare, eravamo ancora protetti dalla nostra ingenuità giovanile, dall’amore familiare che arriva nonostante la distanza, da un universo come quello dell’università in cui sei una matricola, uno studente, un fuori sede, un nome su una lunga lista durante l’appello per un esame, un voto sul libretto e una corona d’alloro il giorno della laurea. E vivi la vita dello studente, tra esami e sessioni, vero, ma anche tra uscite con gli amici, feste, sbronze, incontri interessanti. Ti politicizzi o semplicemente ti informi, hai un opinione su tutto ciò che succede nel mondo e ti indigni e approvi ammirazione per questo o per quell’altro. Alcuni di noi lavorano e studiano, altri fanno lavoretti part time, altri ancora non fanno nulla. Ma intanto gli anni passano, gli esami diminuiscono e la tesi è quasi pronta e tu ti rendi conto che di tutte le certezze che avevi da bambina si sono dissolte. La dottoressa non la puoi più fare, ha studiato Lingue. E la professoressa meglio che ci metti una bella pietra sopra. E poi non è neanche più quello che vuoi fare. Continui a sognare di diventare una persona interessante, di far carriera in una campo creativo e dinamico, di fare un lavoro che ami e he ti dia soddisfazioni. Ma i sogni sono sempre più indistinti, sfumati sullo sfondo di una realtà schiacciante.

Dopo la laurea ti ritrovi ad annaspare in un mondo a cui non sei mai stato realmente preparato. Un mondo che, per un motivo o per un altro, ti mette in difficoltà e a volte sembra proprio non volerti. E alla fine i sogni li metti in un cassetto e li lasci a far la polvere e tutto ciò che vorresti è solo un lavoro, solo uno scopo, solo un senso da dare alla tua esistenza. Incredibile come le cose si facciano complicate all’improvviso, come tutto appaia in salita e pieno di ostacoli.

Tutto a un tratto, sei un mare di paure.

Non sono una persona a cui piace crogiolarsi nei propri problemi. Né sono quella che si ripete di continuo quanto la vita sia ingiusta o crudele. Crescere significa anche saper affrontare le difficoltà di petto… credo. Ma lentamente nell’animo si annida qualcosa che non hai mai provato prima. Una paura, quasi ancestrale, per ciò che viene dopo. Per un futuro che sembra non appartenerti più. Qualche tempo fa, da qualche parte lessi che crescere è una fregatura. Penso che la fregatura stia proprio tutta in quella paura lì. Tutti noi troveremo una strada da percorrere, ci impegneremo e avremo anche un po’ di fortuna per trovare un posto nel mondo, ma mai più ci sentiremo forti e sicuri, mai più avremo quella fiducia che colorava le nostre giornate di bambini. Vedo me e i miei amici, penso alle vite che conduciamo, ai discorsi che facciamo ora e ripenso a quanto siano diversi da quelli di un paio d’anni fa. L’amica che è espatriata e non vuole tornare più perché significherebbe buttare quel qualcosa che ha costruito per un vuoto cosmico qui in Italia, l’amico che lavora in Francia che ha la ragazza qui e chissà quando si riuniranno dopo anni passati insieme stretti l’uno all’altro, l’amica laureata che si reinventa babysitter per sbarcare il lunario, quella che torna al suo paese ed è in attesa di una chiamata, chi ha deciso di fare un lavoro diverso da tutto ciò che ha studiato – ché a saperlo la specialistica se la sarebbe risparmiata – chi decide di andare a convivere, chi non sa se farlo o meno, chi si lascia perché la relazione non ha resistito all’impatto con la realtà, chi fa un master per carpire idee e ispirazioni su che strada prendere, insicura del suo futuro lavorativo ma anche amoroso.

Allora quelle parole dette da una sconosciuta in autobus tornano a risuonarti nella testa. “A me mi fa paura crescere”. E ti accorgi che sono tra le parole più vere che tu abbia mai sentito.

02:48 20 commenti

Ok. So che sembra brutto. Sono praticamente sparita tutta la settimana e ritorno a scrivere, guarda un po’, proprio il giorno del mio compleanno… volpona!

No, davvero, non è come credete. Come ho scritto sulla pagina Facebook del blog (come? non la conoscete ancora? La trovate QUI pronta ad avere il vostro like, così potete sapere se sono ancora viva nonostante non mi faccia vedere per giorni in quel della blogosfera), in queste settimane sono stata molto presa da mille eventi e cose da fare… incluso leggere Le Cronache del ghiaccio e del fuoco che mi hanno completamente assorbito e ogni giorno lo passo con gli Stark, i Lannister e la khaleesi. #GOTaddiction #nerdzone

Dopo la nerdata della giornata, torniamo a noi. Oggi, se non l’avevate ancora capito, è il mio compleanno.

E sono 28.

Una tragedia. O semplicemente io che faccio la tragica.

Che poi non sarebbe neanche brutto come numero: è pari, sono due cifre belle arrotondate, una è numero primo, l'altra a volerla allungare un pochino sembra quasi un infinito... è che a me, semplicemente, sta sul c***o!

A ogni modo, sono arrivati. E come sempre, arriva anche una sorta di revisione.

- Salute? Discreta, quest’anno ho avuto più raffreddori che in tutta la mia vita, senza contare il mese in cui ho parlato praticamente come un trans per via di una gola malandata. E poi ci sono gli acciacchi dell’età. L’alcol e le sbornie non riesco più a reggerle come una volta e mi sa che presto dovrò votami a una vita sana #cheincubo

- Amore? Quello sempre a meraviglia. Quasi. Più o meno. Vabeh, dai, qualche problema c’è stato, ma chi non ne ha di problemi? Il bello sta nel riuscire a risolverli e nello scoprire che, nonostante tutto, ci si ama ancora tanto. (come sono romantica!)

- Lavoro? Fronte stantio e poco soddisfacente. Quest’anno, però, me la sono presa un po’ più serenamente, visto anche il master che ha impegnato tutto il mio tempo. Tutto. Ancora una volta, spero che questo impegno porti dei frutti. Chissà se il prossimo anno saprò raccontarvi qualcosa di bello.

- Amici? Grandi svolte. Gli amici di sempre sono al loro posto: nel mio cuore. In più, quest’anno ho conosciuto un po’ di gente ficherrima e li adoro. Sapete come sono. Lasciatemi in solitudine e avvizzirò come tutte le piantine che mi sono intestardita ad avere pur sapendo si essere un pollice nero. Ma datemi bella gente con cui stare e brillerò per la gioia di essere in buona compagnia.

Vita in genere? Direi che non mi posso lamentare. O meglio, che non mi voglio lamentare. Durante quest’anno ho guadagnato molto in realismo e anche un pizzico di cinismo, che visti gli anni direi che ci sta tutto, basta che non sia troppo e non travolga completamente la mia bambina interiore (ma anche parecchio esteriore). Ma di questo non dovrei preoccuparmi. Ho ancora ai miei sogni con me, ingombranti come sempre, ma io sono come gli accumulatori di “Sepolti in casa” e non me ne libererò mai. Quindi vado dritta per la mia strada, sperando di non sbattere contro troppi muri e guard rail, tra una giornata di umore nero e una da canzoncina fischiettata mentre il sole mi bacia e il vento mi solletica i capelli.

Questi 28 anni, a differenza dei 27, mi trovano preparata. E quando sono pronta, non c’è niente che possa fermarmi. Così stasera festeggerò con i miei nuovi amici e ripenserò alle feste degli anni passati. E volgendo la testa, scorgerò tra la folla una me più giovane che mi sorride. A ricordarmi che il miglior regalo che posso farmi, ancora una volta, è essere fedele a me stessa, perché fino a quando ci sarò io con me, non dovrò temere niente. Solo in quel momento capisci quanto sei ricca. Di persone attorno a te che ti amano  e di vita che ti aspetta con le sue inaspettate opportunità.

Tanti auguri a me.

happybday13

03:09 29 commenti

Quando finisce un amore master. Perché tutto prima o poi finisce.

Settimana scorsa sono terminate le lezioni. Ora siamo nel limbo post corsi e pre-stage. Tutta vita insomma. Ma non starò qui a tediarvi su quanto sia complicato capire cosa ne sarà di noi, piuttosto vi ammorberò con la mia pseudo nostalgia da master. Perché sapevo che, dopo aver passato circa 10 ore al giorno per 8 mesi con altre 15 persone, qualcosa nel mio animo si sarebbe raggrumato nel realizzare che quelle orrende, terrifiche, interminabili giornate sono ormai passate. E mentre i giorni cominciano a scorrere, quel grumo resta lì e diventa sempre più ingombrante. E poco conta se con i compagni continui a vederli, ché non si vive certo nel deserto, ma c’è poco da fare, non è la stessa cosa.

Non dico che vorrei tornare indietro. Ciò che è stato è giusto che sia finito. E che quando si arriva al termine di un percorso, inesorabilmente ci si guarda indietro e si pensa alla strada percorsa e ai propri compagni di viaggio.

Cosa mi ha insegnato questo master?
Vorrei poter dire che mi ha rivelato mondi nuovi. Che ho avuto illuminazioni sulla via di Damasco. Quello che posso dire è che di sicuro mi ha aiutato a sviluppare competenze che non sapevo di avere, a perfezionare altre già in mio possesso, a conoscere lati nuovi di un campo quanto mai complesso e contorto. Esulando, però, dall’oggetto del master, a livello umano mi sento arricchita?

Che domande. Ho 15 buoni motivi per sentirmi più ricca di prima.

Ci sono state persone che mi hanno confermato l’idea che avevo di loro fin dall’inizio. E che ogni giorno hanno portato la gioia e il sole nella mia vita. Altre che dopo un inizio traballante si sono rivelate essere le persone più importanti per me in questi mesi. C’è chi ha dovuto sopportarmi nel mio straparlare quotidiano e nel dispensare insulti gratuiti (sì, nella vita reale sono una persona difficile da gestire), adottando le tecniche più strane, come quella di mimetizzarsi con i muri. Chi invece ha capito come prendermi e si è aggiunto ai miei momenti di follia. Chi mi ha abbracciato con affetto, ma anche per farmi tacere perché spesso parlo a vanvera, e condiviso con i ritorni a casa di ogni sera. Chi mi ha fatto sentire sempre a casa, anche nei primi sperduti giorni, e che se mi grida “Gioia!” potrei riconoscerla a km di distanza. Chi mi ha iniziato alla cultura da ghetto, che mi capiva perfettamente quando avevo nostalgia di Bo perché per lei era lo stesso con la sua Toscana, che mi rispondeva sempre a tono, pronta a essere sempre schietta senza però rovinare mai il rapporto che c’era tra noi. Chi mi ha regalato momenti di grande divertimento con la sua ironia pungente e un cervellino niente male sotto tutti quei ricciolini, condividendo con me (in)sane sedute di shopping e ancora più (in)sane passioni per serie tv. Chi è stata la mia ancora di salvezza sempre, con la sua professionalità che, però, non le ha ma impedito di regalarmi un sorriso e anche qualche battuta che mai ci si poteva aspettare da lei, ma d’altra parte sui Navigli si usa così… Chi poteva passare il giorno accanto a me torturandosi con frasi del tipo: “No il Kinder Bueno oggi no… magari più tardi… ehm, ok… allora qui ci vuole un Kinder Bueno… si è fatta una certa, io mi sfanculo e bella per tutti!” e riuscire a portarmi quel tot di follia necessario per superare la giornata, quel pizzico di surreale che affascina e tutta la sua incredibile personalità capace di travolgermi in pochi secondi. Chi mi ha sempre regalato un sorriso, anche se timido, e un cinguettio leggero come lei, con la quale troppo  tardi ho scoperto di avere diverse cose in comune, a cui saprò sempre appoggiarmi quando parlo di qualche personaggio noto o programma televisivo che, a quanto pare, conosciamo solo io e lei  ma gli stolti sono gli altri mica noi. Chi ha dispensato nelle nostre giornate citazioni ricercate, battute colte, raffinato humor e tanta saggezza. E poi c’è chi ho imparato a conoscere e ad apprezzare tardi, quasi alla fine del nostro tempo a disposizione, e mi è dispiaciuto non aver potuto approfondire il nostro rapporto, ma è stato ugualmente un piacere condividere dei momenti insieme. E c’è anche chi non ha per me più lo stesso valore di un tempo, ma i rapporti cambiano e le persone anche e, dopo tanti giorni fianco a fianco, è difficile non provare ancora un po’ di affetto.

Si potrebbero dire tante cose. Potrei raccontarvi un milione di aneddoti, uno almeno per ogni giorno trascorso con queste persone. Potrei dirvi di come abbiamo riso certe mattine per piccole sciocchezze, di quanto ci siamo innervositi certe altri pomeriggi passati davanti a un progetto che sembrava non finire mai, di quando abbiamo cantato a squarciagola per allentare la pressione accumulata da giorni, delle foto fatte tra una pausa e l’altra, delle cene e delle birre bevute dopo essere usciti dal master, ancora una volta, a orari indecenti, ma anche delle feste e delle serate passate in totale allegria e spensieratezza. Potrei cercare di farvi capire il legame che si è creato e l’affetto che si può arrivare a provare in tali condizioni. Ma non ci riuscirei.

E il grumo diventa mancanza fisica, di non avere nessuno alla mia destra o alla mia sinistra a cui chiedere consiglio o con cui scambiare una battuta, di non trovare sguardi o sorrisi al di là di questo schermo, di non sentire voci, risate, urla e musica intorno a me.
E il grumo sale, sale, arriva sempre più su fino a diventare lacrima. E pensi che un altro anno è passato lasciandoti, ancora una volta, dei grandi doni ma anche l’onere del distacco, la nostalgia per la fine e la tristezza che nasce a ogni partenza. Mi ritroverò ancora ad avere amici lontani, discorsi su skype o facebook e poche occasioni per essere ancora insieme. E nonostante io millanti a tutti che avere amici sparsi per il mondo è fantastico (e lo è!), poi penso a quanto mi manca e che non è passata ancora una settimana.

Dovrò imparare a convivere anche con tutto questo. Come ho sempre fatto. E nonostante i grumi, nonostante i piccoli rimorsi, nonostante le lacrime e la lontananza, quando finisce un master è così che ci sente. Fortunati. Di aver vissuto una nuova incredibile esperienza con gente straordinaria come loro.

Grazie a tutti. Siete e resterete speciali.

[Non potendo mettere una foto con tutti noi metto questa immagine. Molti di voi non capiranno, ma credo che questa sia una delle immagini più rappresentative del master, fatta da me tra l’altro, che nessuno osi dire che non ho imparato a usare Photoshop!]

01:23 12 commenti

 

San Luca visto da lontano in autostrada. La macchina che procede lungo strade che diventano via via più familiari. Fino ad arrivare a una casa che di familiare ha tutto. Il saluto degli amici. La FinkBrau di casteldeboliana memoria. La spesa con lo “sparaflash” all’Esselunga, che basterebbe per un reggimento. La pizza dal “paki”. Just dance. E poi la pioggia e tu che non te ne curi perché sei sotto kilometri di portici. Vedere un’amica che non incontravi da tempo e farsi stritolare dai suoi abbracci pieni di affetto. Un aperitivo al Pratello. Raccontarsi e raccontare di tutto e di tutti. La voce metallica che dice “11 C. Corticella” quando sali sull’autobus.  Preparare gli scherzi per la laurea di un amico. La mattina della laurea andare a prendere lui e aspettare che il tuo ragazzo lo aiuti a sistemare la cravatta. Vederlo vestito “elegante” e non poter credere che sia lo stesso tipo che il giorno prima giocava a Just Dance con una bandana verde fluo in testa. Attaccare lungo i muri della facoltà fotomontaggi simpatici. Assistere alla proclamazione. Cantare “Dottore, dottore, dottore del buco del c…!”. Fare (io soprattutto) foto su foto. Mettere in moto la macchina degli scherzi progettata lungo tutto il weekend. Ridere ridere ridere. E poi ancora in giro. Andare a trovare una carissima amica per un saluto più che dovuto. Finire a bere una birra casalinga cercando di recuperare il tempo lontane per raccontarci mille cose. Prendere ancora in giro il nostro ex relatore comune ai tempi della tesi. Camminare per le strade amate. Riunirsi per una “pasta assorbi-alcol”. E ancora su e giù per via Indipendenza per in contrarsi con l’amica/coinquilina/sorella. E scoprire che certe cose, certe storie, certi pensieri, potrai raccontarli sempre e solo a lei. E poi abbracci, tanti abbracci. Sentire il calore umano, mentre la pioggia cade sulle case, le chiese, le piazze, il Nettuno e i suoi amici piccioni. E la sera festa alla mitica, scorbutica, storica, rude, unica Osteria del Sole. Bere vino e fare casino. Farsi buttare fuori dal posto dal poco accogliente padrone (“Non si può cantare, non si può ridere, non si può fare nulla”). Dirigersi alla volta di Piazza Santo Stefano. E continuare a bere, ridere, scherzare, cantare. Festeggiare il laureato. Fare foto che a riguardarle poi ti vergognerai. Ma sorriderai anche. Con un pizzico di nostalgia che ti appannerà lo sguardo per un attimo. Passaggio obbligato sotto le Torri. E poi fare amicizia con l’ultima barista della serata. E ritrovarsi in Piazza Verdi per salutarsi con la promessa e la speranza di rivedersi presto. E ricordarsi del presente, di cosa siamo oggi, di quello che ci aspetta. La vita. Preparati o meno è lì ad attenderci. Mi commuovo un po’, mentre abbraccio tutti. E la mattina dopo in stazione. Quella stazione che mi ha visto passare in ogni stagione, con ogni tempo, anno dopo anno. Stessa valigia, stessi sogni, stessa io. O forse non più la stessa. Prendere l’ennesimo treno. E mentre il treno va, voltarsi un’ultima volta e guardare fuori dal finestrino la città allontanarsi. E a salutarti per ultimo un cartello che rimarrà sempre nella tua testa e nel tuo cuore: Bologna. Anche questa volta mi hai regalato ciò che di bello si può avere nella vita. Grazie per far in modo che non me ne dimentichi mai.

santostefano1

17:43 18 commenti

 

Post ad hoc per l’occasione. Se non avete vissuto in una gigantesca bolla, saprete benissimo che siamo alla vigilia delle elezioni politiche. Qui solitamente non parlo di politica, una scelta editoriale che forse qualcuno potrebbe considerare troppo facile e per chi non vuole complicarsi la vita. Io semplicemente non voglio rubare il lavoro a chi parla di politica per professione e sa farlo meglio di me. Chi mi segue, però, sa che le mie opinioni solitamente le espongo senza problemi o per lo meno le faccio intendere al lettore attento.

E in questo momento storico, in questa confusione e degenerazione politica che pare essere diventata lo standard del nostro Paese, io vi invito ad andare a votare. Non conosco le vostre idee a riguardo, ma sinceramente credo che qualsiasi cosa si pensi, non andare a votare non è la soluzione. Un mancato adempimento di un dovere, forse. Il mancato rispetto di noi come cittadini e dei nostri diritti, soprattutto. Perché se si ha voglia di cambiare davvero, non è ignorando il nostro ruolo che diamo il nostro contributo. Non è calciando via quello che spetta di diritto che si afferma la propria opinione.

In questi giorni mi torna in mente la canzone Lo scrutatore non votante di Samuele Bersani. E così ve la propongo.

Con i miei auguri per delle buone elezioni.Votate e fatelo con la testa.

Lo scrutatore non votante
è indifferente alla politica
Ci tiene assai a dire “ohissa!”
Ma poi non scende dalla macchina
È come un ateo praticante
Seduto in chiesa alla domenica
Si mette apposta un po’ in disparte
Per dissentire dalla predica
Lo scrutatore non votante
È solo un titolo o un immagine
Per cui sarebbe interessante
Verificarlo in un indagine
Intervistate quel cantante
Che non ascolta mai la musica
Oltre alla sua in ogni istante
Sentiamo come si giustifica
Lo scrutatore non votante
È come un sasso che non rotola
Tiene le mani nelle tasche
E i pugni stretti quando nevica
Prepara un viaggio ma non parte
Pulisce casa ma non ospita
Conosce i nomi delle piante
Che taglia con la sega elettrica
Lo scrutatore non votante
Conserva intatta la sua etica
E dalle droghe si rinfresca
Con una bibita analcolica
Ha collegato la stampante
Ma non spedisce mai una lettera
Si è comperato un mangia-carte
Per sbarazzarsi della verità
Lo scrutatore non votante
È sempre stato un uomo fragile
Poteva essere farfalla
Ed è rimasto una crisalide
Telefonate al cartomante
Che non contatta neanche l'aldiquà
Siccome è calvo usa il turbante
E quando è freddo anche la coppola
Lo scrutatore non votante
Con un sapone che non scivola
Si fa la doccia 10 volte
E ha le formiche sulla tavola
Prepara un viaggio ma non parte
Pulisce casa ma non ospita
Conosce i nomi delle piante
Che taglia con la sega elettrica
Lo Fa svenire un po' di sangue
Ma poi è per la sedia elettrica.

18:10 22 commenti

 

Credo di stare annoiando tutti con questi miei post di sfogo. Che dirvi, se un blog personale ha uno scopo, sarà anche quello di raccontare me stessa. Abbiate pazienza.

In questi giorni riflettevo su quanto sia possibile trasmettere attraverso sguardi e gesti. E quanto ridicoli siano i nostri segreti.

Mi accorgo che le persone sono meno cieche di quello che credevo. Gesti che crediamo trascurati vengono registrati e analizzati, parole che speriamo siano ignorate sono arrivate alle orecchie di tutti e sguardi che credevi fatti di sfuggita sono stati notati e decifrati.

Mi chiedo quanto la nostra persona sappia nascondere realmente. Ci affanniamo a non mostrarla troppo, a far scorgere solo la punta dell’iceberg, e lasciare il resto solo a poche persone accuratamente selezionate  e anche con loro, siamo sinceri, abbiamo sempre dei lati oscuri, segreti e omissioni, che non sveleremo mai. Forse siamo tutti un po’ traditori, anche con chi promettiamo assoluta fiducia e sincerità, ma non credo ci sia da sentirsi in colpa. Non riesco a sentirmi in colpa. Sono una persona aperta e intellettualmente onesta, ma amo tenermi qualcosa solo per me, condividere pensieri ed emozioni solo con l’unica persona che mi conosce meglio di chiunque altro, vale a dire la povera me stessa.

Eppure qualcosa trapela. Fuoriesce dagli argini che credevi sapientemente costruiti e striscia via, prende forma, assume corporeità e si pianta su di te come un’insegna luminosa – si, come quelle dei diner americani – a indicare quello che non volevi mai dire, forse nemmeno pensare. E mi viene il dubbio che l’unico motivo per cui la gente riesca a vedere ciò che tenti di nascondere è che ognuno di noi vede in chi ha di fronte un altro se stesso con i suoi stessi segreti. Siamo degli specchi, c’è poco da fare, e negli altri ritroviamo quei ridicoli pensieri taciuti, quei gesti infantilmente nascosti, quelle frasi inutilmente sussurrate. E capita che quando il mistero viene svelato, questo non sia altro che un segreto di Pulcinella, condiviso da entrambe le parti. Perché forse chi vive le stesse sensazioni, gli stessi pensieri, si riconosce a vista e si viene attratti come calamite. Si sa, uno stesso destino accomuna più di mille affinità caratteriali. Ci si sente come reduci di una stessa guerra, superstiti di uno stesso incidente, vittime di uno stesso carnefice.

E quando arriva questa consapevolezza, giunge anche il sollievo. Perché scoprire le carte significa mettere fine al dramma. Perché per quanto ci siano segreti inconfessabili, sapere che c’è qualcuno che sa e capisce ti rende più leggera. E pazienza quello che ho scritto sopra.

Ma bada bene. Non ammetterò mai cosa è stato svelato. Ma se ti incontrerò, ti lancerò uno sguardo da chi sa che tu sai. E sorriderò chiedendomi cos’altro mai si capirà…

Guardami negli occhi
Spogliati da ogni falsità
Quell'aura di purezza tradisce diaboliche anomalie
E sai di cosa sto parlando
di cosa ho bisogno

02:06 10 commenti

Era da parecchio che volevo provarla.

E lo so che le feste sono appena finite e siamo tutti lì, con un solo pensiero fisso che risuona nella testa e fa “Dieta, dieta, dieta, dieta…” Anche io ci penso sempre e cerco di metterlo in pratica. Più o meno.

E non so se considererete come giustificazione valida il fatto che io abbia preparato questo dolce per il mio amorcito, dopo aver passato più di una settimana separati. Perché io adoro fare dolci per chi amo.

E poi ieri è venuto anche un amico a prendere il caffè a casa e non si può servire il caffè senza un dolcetto…Si, insomma avete capito. Tutte scuse. Ma per una dolce causa. Ovvero, preparare la torta tenerina.

Cos’è la tenerina?

La torta tenerina è un dolce tipico di Ferrara che nasce nel XX secolo in onore di Elena del Montenegro, moglie di Vittorio Emanuele III. In dialetto ferrarese viene chiamata anche “Torta Taclenta”. Si tratta di una torta al cioccolato fondente, con una crosticina che nasconde un cuore soffice e goloso, nonostante non serva il lievito per prepararla. Ed è, inutile dirlo, buonissima.

Ingredienti:

200 gr di cioccolato fondente (di buona qualità, non siate braccine corte)

150 gr di zucchero

100 gr di burro

60 gr di farina

3 cucchiai di latte

3 uova

1 pizzico di sale

Preparazione:

Sciogliete il cioccolato a bagnomaria e, una volta sciolto, aggiungete il burro precedentemente tagliato a cubetti, uno alla volta, facendo attenzione che ogni cubetto venga incorporato bene al cioccolato prima di aggiungerne un altro. Terminata questa operazione, potete togliere il cioccolato dal fuoco e lasciate intiepidire.

In una ciotola versate metà dello zucchero (75 gr) e i 3 tuorli, avendo cura di conservare gli albumi. Con un frustino, manuale o elettrico, mescolate tutto fino ad avere un composto spumoso. A questo punto unite il composto di cioccolato e burro sciolto al composto di zucchero e uova e mescolate ancora con il frustino. Aggiungete farina e latte. Ora, io ho indicato 3 cucchiai di latte come previsto dalla ricetta. In realtà se vedete se il vostro composto è ancora piuttosto granuloso, vi consiglio di aggiungerne ancora un po’ per farlo diventare omogeneo e cremoso (ma non liquido!).

Terminata l’operazione, in una seconda ciotola montate gli albumi con lo zucchero rimasto (gli altri 75 gr) e il pizzico di sale. Una volta ottenuta una crema bianca compatta, con un mestolo o una spatola incorporate questa crema all’impasto precedentemente preparato. Nota bene: per incorporare i due composti, mescolate dal basso verso l’alto!

A questo punto imburrate e infarinate una tortiera, versatevi l’impasto e infornate per 20-25 minuti a 180° a forno già caldo (quindi accendete il forno qualche minuto prima). Trascorsi i minuti necessari, spegnete il forno e lasciate raffreddare la torta al suo interno con lo sportello socchiuso. Infine sfornate la torta, ponetela su un piatto da portata, cospargetela con dello zucchero a velo e gustatela con chi volete!

 

 

 

Questa volta non ho foto per voi. Tra amici e fidanzato, della torta io stessa ho visto ben poco. Vi lascio un’immagine presa da internet per darvi l’idea del risultato.

 

 

 

 

 

 

 

Non so quanti di voi conoscono questa ricetta. Io l’assaggiai la prima volta grazie a una cara amica che si cimentò con un pezzo di tradizione che non era la sua. Ma vivevamo in Emilia Romagna e per noi quella regione ha significato tante cose in ogni sua declinazione. E ormai era arrivato anche per me il momento di provarci. Per ricordare la tenerezza di quei momenti d’amicizia vissuti insieme e per condividere questa dolcezza anche con gli altri…

In fondo anche io sono una tenerina… una bella crosta fuori, un cuore tenero al suo interno…

00:33 18 commenti

E siamo arrivati all’Epifania. Lunedì prenderò un treno per tornare su, che suggellerà la fine delle vacanze natalizie. E non solo. Forse vi ho ammorbato a sufficienza su quanto questo periodo abbia significato per me. Novità, incontri, spostamenti vari… credo che sarà difficile ripetere una convergenza di eventi interessanti e piacevoli come quella appena vissuta. Io ci spero, ma in ogni caso anche capitasse un periodo di tale frenesia, sarebbe diverso. E ben venga.


Così, la mia partenza per ritornare ai miei ritmi di sempre e scoprire davvero che cosa mi riserva il 2013 ha il sapore di una fine, di un punto messo al termine di una bella frase. Perché per me, anche se ciò che inizia è sempre carico di promesso e ogni viaggio o percorso sono una gioia regalata, partire è un po’ morire. Ma a ogni arrivo sono pronta a una rinascita…


Prima di partire un miscuglio di emozioni turbinano nel mio animo. Prima di partire cerco di fare il punto della situazione. Prima di partire fisso bene i volti di chi amo. Prima di partire semino briciole di cuore che mi aiuteranno a ritrovare il cammino. Prima di partire imprimo nella memoria i momenti vissuti. Prima di partire provo a non dimenticare quello che voglio mettere in valigia. Prima di partire abbraccio chi ha reso unica ogni mia permanenza. Prima di partire ringrazio che sia arrivato il momento di andare via.


E infine, prima di partire ascolto questa canzone dei A Toys Orchestra, Be4 I walk away, che per me significa tutto questo e anche molto di più, mi ricorda che sono un’anima in viaggio e che senza questo spirito non sarei più io.





A Toys orchestra è un gruppo rock di ispirazione british che non manca però di sonorità indie ed elettroniche. Il gruppo originale nasce nel salernitano nel 1998 e si muove nell’ambiente underground italiano fino al 2003, quando, dopo l’ingresso di un nuovo membro nel gruppo, il passaggio alla casa discografica Urtovox Records ne segna l’ascesa. Cuckoo Boohoo esce nel 2004 e viene premiato sia dalla critica che dalla programmazione televisiva e radiofonica. Il video di Peter Pan syndrome, uno dei singoli del disco, è diretto da Fabio Luongo e riceve numerosi riconoscimenti. Nel 2005 nuovo cambio all’interno del gruppo e nel 2007 pubblicano il nuovo album, Technicolor Dreams. Il primo estratto è Powder of words che verrà poi utilizzato nella colonna sonora del film Il giorno in più con Fabio Volo. Anche la stampa straniera accoglie favorevolmente la loro musica e due brani del disco vengono scelti come singoli dalla BBC Radio 2. Alcune loro canzoni compaiono, intanto, in fiction televisive come i Liceali e gli Afterhours li invitano a partecipare al loro progetto musicale Il paese è reale. Nel 2010 esce  Midnight talks a cui segue nel 2011 Midnight (R)Evolution, una svolta per il gruppo e per Enzo Moretto, voce del gruppo e autore dei loro brani, il quale si cimenta come tematiche impegnate e sociali. Il disco è accompagnato da un Dvd, Midnight Stories, che ripercorre il percorso del gruppo fino ad allora. Da marzo 2012 sono la “resident band” del programma di Fabio Volo su Rai3 Volo in diretta e a gennaio 2013 suoneranno in Olanda in occasione di Eurosonic.


Be4 I walk away è tratto da Technicolor Dream, a mio parere il miglior disco della band; un brano dalla cifra intimista con un testo semplice, fatto di elementi quotidiani, ma non per questo meno poetico.


Before the radio turns on
Before the coffee getting cold
Before the dew evaporate
Before i walk away,i walk away,i walk away
Before my watch stops to run
Before an eyelid touches the other one
Before 8 became 9
Before i loose my mind
Before i loose my mind
Before i search the way i'll find
Before i drink down this glass of wine
Before i change my mind again
Before the egg or before the hen
Before to know how where and when
Before i say "before" again
Before i look ahead
Before i retrace my steps
Before i walk away again








00:38 22 commenti

 

Fragolosi cari, ormai ci siamo. Anche questo 2012 sta per volgere al termine. E non credo saranno in molti a rimpiangerlo. Perché questo 2012 ci ha messo davvero tanto impegno per non smentire frasi del tipo “anno bisesto anno funesto” e per lasciarci quell’amaro in bocca, per non dire “una pragmatica sensazione di…”. Ma io, che ultimamente sono stata descritta come amante delle cose melliflue e stucchevoli, ho deciso di non piangere sul latte versato, ma di vedere, come faccio ogni anno, le cose buone che questo 2012 ha portato. Poche? Forse. Ma anche un anno pessimo avrà pur ragione di esistere. E se siamo ancora qui a ridere, scherzare e farci beffe di lui, possiamo solo che congratularci con noi stessi…

Cosa è successo in questo 2012?

  • Mi sono trasferita in una nuova città.Che conoscevo già un po’ ma solo di passaggio. Non è un rapporto semplice il nostro, ma io adoro le novità e avere un luogo nuovo da scoprire e fare mio mi esalta. Lascerò anche qui un pezzetto del mio cuore? Probabile…
  • Ho viaggiato. Anche quest’anno. Ho visto posti nuovi, conosciuto nuova gente. L’esperienza in Inghilterra di quest’estate mi ha permesso di mettermi alla prova e di dimostrare a me stessa di cosa sono capace. E mi ha permesso di stringere rapporti umani che non credevo potessero essere così forti e durevoli e invece, con quelle straordinarie ragazze che condividevano con me mattini e notti insonne, gioie e dolori di una Group Leader,  mi sento ancora e, cosa più importante, ci fa piacere mantenerci in contatto e non lasciare che il tempo indebolisca i legami.  E poi ho viaggiato per piacere e ho realizzato un piccolo desiderio: andare a Parigi con amorcito. Tres jolie!
  • Ho preso delle belle cantonate. E anche delle badilate. Fanno male, ma almeno ti aiutano a capire quanto resistente sei. Gli insegnamenti sono anche dove meno te li aspetti. E i giorni di pioggia ti aiutano ad apprezzare lo spuntare del sole tra le nuvole…
  • Ma ogni tanto arrivano le belle notizie. Borsa di studio per iniziare un master che desideravo da tempo. Tosto eh, l’ultimo mese è stato pesante, ma questo credo sia il periodo più sereno della mia vita. Non so se davvero questo percorso mi porterà a fare ciò che voglio nella vita o mi farà semplicemente scoprire che non è questa la mia strada. Ma investire sul futuro mi è sembrata l’opzione per me più adatta a questo periodo della mia vita. E, in fondo, mi sto divertendo, ho dei compagni simpatici che già adoro e che non vedo l’ora di rivedere a gennaio! #sobbellecose
  • Ho visto amici che non incontravo da un po’. Questo ultimo periodo del 2012 è stato ricco di viaggi in treno, incontri, riunioni con amici, visite inattese, incursioni in altre città, foto ricordo, abbracci calorosi, incontri a sorpresa, tuffi nel passato e tante belle giornate presenti. Ricordarsi che non si è mai soli, questo mi hanno portato gli ultimi mesi del 2012.
  • Ho visitato mostre e saloni. Perché sono donna di cultura. Ahahaha scherzo… ma mi piace girare per gallerie, palazzi, sale e saloni. Siamo tornati al Salone del Libro e come sempre mi sono innamorata; ho visitato Louvre, Museo d’Orsay e visto Le ninfee di Monet; qui a Torino ho avuto il piacere di gironzolare tra la storia degli italiani e le opere di Degas e a Milano mi sono incontrata con Picasso. Ma cosa voglio di più dalla vita!
  • Il mio amorcito è sempre il mio amorcito. Se non ancora più amoroso. Quest’anno abbiamo festeggiato i 10 anni di strada insieme e a me non sembra sia passato tutto questo tempo perché ogni giorno ci svegliamo e ci guardiamo con occhi innamorati come il primo giorno. Il mio punto di riferimento sei solo tu…
  • E poi ci siete voi. E poi c’è il mio blog. Un altro anno insieme e qui si cresce sempre di più. Anche questo 2012 mi ha portato nuove conoscenze, nuovi mondi da esplorare, nuovi autori da apprezzare e a cui affezionarmi. Questo mio piccolo spazio mi regala molte soddisfazioni, mi aiuta a essere chi voglio senza filtri e a dire come la penso quando meglio credo. Mi sostiene nelle mie battaglie, mi ripaga nel mio inventarmi quotidiano, nel mio creare continuo, con la sua stessa esistenza. Qui vi ripongo i miei sogni e le mie speranze, le mie conoscenze e la mia ignoranza, i miei timori e i miei dubbi, la mia solitudine e i miei giorni felici. Qui ci siete voi che ormai fate parte della mia vita. E senza tutto questo ormai non sarei più io…

Cari fragolosi, anche quest’anno abbiamo riso, pianto, amato, sofferto. Qualche mese fa avrei voluto una macchina del tempo per tonare al 2011 e reinventare il 2012. Ora mi guardo indietro e mi dico che doveva andare così. E con un’ultima occhiata tra l’amichevole e il cagnesco a questo anno agli sgoccioli, gli porgo i miei saluti e mi avventuro nel 2013. Vi auguro ogni bene. Ci auguro ogni bene. E speriamo questo nuovo anno sappia sorprenderci… Happy New Year…

buon2013

17:49 36 commenti

 

So this is Christmas. Il Natale arrivò. C’è chi oggi è frenetico e iperattivo, con i parenti in arrivo nelle nostre case e la tavola da preparare, gli ultimi pacchetti da incartare, il cenone da cucinare. C’è chi invece è tranquillo e rilassato, farà un giro in centro, una visitina a qualche persona cara, ascolterà le carole che si spandono per l’aria lungo le strade della città o, semplicemente, riposerà fino all’ultimo minuto perché lo aspetta una luuunga nottata. C’è chi invece ha già acceso l’albero, ha preso in mano un libro, possibilmente il Canto di Natale di Dickens, si è acciambellato sul divano e vuol passare una vigilia intima e raccolta. E chi invece sta già mandando messaggi, notifiche, tag, chiamate, gif e chi più ne ha più ne metta, a tutto il mondo per raggiungere con i suoi auguri anche l’amico che vive nel Qatar. C’è chi ascolta ininterrottamente All I want for christmas is you di Mariah Carey e chi Christmas Lights dei Coldplay. Chi si prepara alle abbuffate e chi invece ha deciso di contenersi. Chi il pandoro, chi il panettone. Chi l’albero e chi il presepe. E poi ci sono IO, qui, anche oggi, a parlare con voi – ché non mi dimentico mai di voi – e lasciarvi il mio piccolo augurio per questo Natale.

Vi auguro uno splendido Natale, cari amici fragolosi. Che sia il Natale che vi aspettavate o che, anche nella giornata più buia, riusciate a trovare un brillio che vi aiuti a guardare avanti. Che sia un giorno dai bei sentimenti e le buone vibrazioni. Dai sentimenti e affetti sinceri. Di allegria o, semplicemente, serenità. Che sia il vostro Natale, come meglio vi piace. Merry Berry Christmas.

christmas auguri

12:09 28 commenti

 

Recommend A

 

Recommend A… è una rubrica ideata dal blog Chick Loves Lit e consiste nel “raccomandare” un libro seguendo le indicazioni date di settimana in settimana. Su questo blog la rubrica non avrà cadenza fissa e, quando ci sarà, verrà pubblicata di Lunedì.

 

Nuova puntata con la rubrica delle raccomandazioni letterarie. Questa settimana il tema è:

Recommend A book that lived up to your expectations

(Consiglia un libro all’altezza delle tue aspettative)

Per quanto all’inizio la cosa sembrasse semplice, si è invece rivelata alquanto insidiosa. Non deve essere un libro che supera le tue aspettative o le delude. Deve essere un libro di cui tu sapevi già come sarebbe andata a finire. Che ti ha regalato esattamente ciò che ti aspettavi. Che ci ha sperato e ti ha ripagato. Insomma quelle soddisfazioni certe della vita. E io invece sono una frana con questo perché io mi butto nelle letture e non so mai cosa succederà. Certo, anche io ho due o tre salvagenti, ma poi finisce che parlo sempre dei soliti noti. Allora pensa che ti ripensa ho trovato un titolo, con il quale probabilmente mi gioco la fama di lettrice impegnata (???). Perché l’autrice non è altri che la regina del chick lit, ovvero Sophie Kinsella. Lasciatemi spiegare. Io ho bellamente snobbato il chick lit per anni, relegandolo alla categoria delle letture di serie B, C ecc…ma qualche anno fa, per una sfida su anobii mi ritrovo a a leggere il suo Sai tenere un segreto?. E, con sorpresa, mi sono divertita da matti. Ho dovuto rivalutare scrittrice e libri e pur considerandolo un genere molto molto leggero, una ottima pausa per i neuroni che non devono impegnarsi più di tanto, ritengo sia un buon modo per trascorrere qualche ora in tranquillità senza però scadere nel trash. Le storie non sono sempre originalissime ma la Kinsella riesce a renderle piacevoli con una scrittura molto contemporanea che ti mette a tuo agio. Così ho cominciato a leggere di tanto in tanto i suoi romanzi e quando ho acquistato questo libro sapevo cosa mi aspettava. Allegre ore di chiacchiere e qualche sogno ad occhi aperti. Parlo di La ragazza fantasma.

A ventisette anni, niente funziona nella vita di Lara. Il fidanzato l'ha lasciata, ma lei non si arrende e lo perseguita con messaggi e telefonate, la società di cacciatori di teste che ha aperto con la sua migliore amica non decolla, la socia ha pensato bene di trasferirsi a Goa lasciandola in un mare di guai e la sua famiglia la considera un po' picchiatella... Quando si trova costretta dai genitori ad andare al funerale di una vecchia prozia di centocinque anni che non ha mai conosciuto, Lara sente di aver toccato il fondo. Durante la funzione, però, succede qualcosa di incredibile: le appare una ragazza bellissima, diafana, vestita con l'accurata ed eccentrica eleganza degli anni Venti, che le chiede con insistenza: "Dov'è la mia collana? Voglio la mia collana!". Chi è questa ragazza? Di quale collana parla? E com'è che solo lei tra i presenti al funerale la vede? Insomma, va bene lo stress, ma addirittura avere le visioni! In effetti l'immaginazione di Lara è sempre stata molto fervida, ma quello che da questo momento le accadrà sorprenderà anche lei. Ciò che ancora non sa è che la misteriosa ragazza comparsa dal nulla, capricciosa, pungente e stravagante, vestita con meravigliosi abiti vintage, diventerà la sua guida, la sua amica più cara, la confidente perfetta, e che la ricerca dell'agognata collana si trasformerà per entrambe in una sorprendente avventura.

 

La Kinsella è diventata ufficialmente una garanzia.

Titolo: La ragazza fantasma
Autore: Sophie Kinsella
Editore: Mondadori
Anno: 2009
Pagine: 393

 

 

 

 

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Foglie sulla neve #4

Questa foglia parla di Voi. E di me. E di questo blog.

Anche se è ben in evidenza nella colonna qui di lato, non guardo molto la colonnina dei follower. Non ci faccio caso. Ma ultimamente qualcosa sta cambiando. Qualche giorno fa guardo il numero e mi viene un colpo. 300. Diventati oggi 327. OMG. Chiamate Russell Crowe che facciamo il sequel. 300 + 27. Ma quanti sieteeeeeeeeeeeeeeeeeee!

E la cosa, non nego, mi rende felice e soddisfatta. Avere tutta questa gente che mi segue mi confonde e mi imbarazza anche un po’.

I miei follower sono così diversi. Alcuni sono qui dai tempi dei tempi. Altri non li sento da un bel po’. Qualcuno è scomparso. Poi ci sono quelli silenziosi che non commentano mai o commentano una volta l’anno. E sono felice così e quando tornano è sempre festa.

E ci sono quelli che mi seguono attivamente, straordinarie persone che mi riempiono le giornate, che mi onorano della loro presenza, fosse anche per un semplice buongiorno. Siete voi che rendete vivo questo posto, altrimenti sarebbe solo il luogo dei miei vagheggiamenti deliranti. Siete voi a dare un senso a tutto questo. Grazie.

E infine ci sono i newbie, i nuovi, nuovissimi, che fanno capolino, chi timidamente, chi con tanto entusiasmo, su questo blog regalandomi un sorriso. E spero tanto che anche con loro si crei un bel rapporto, che il nostro vicinato duri nel tempo e diventi più forte.

Siete tanti. Di sicuro più di quelli che pensavo quando aprii questo blog, 2 anni e mezza fa. E vi adoro. Non capite quanto…

[that%27sme.jpg]Così, dopo tanto pensarci, ho deciso. Ci metto la faccia. Su questo blog. Tanti saluti all’anonimato. Tanto molti di voi mi conoscono su fb, su twitter, su instagram, non faccio mistero di chi sono, cioè nessuno. Ma la mia faccia mi piace e penso che assumersi la responsabilità delle proprie parole sia bello. Inoltre ormai fingere di essere una strafiga non ha senso con le ricette che vi propongo che non sono affatto light!

Sono poche le cose che mi soddisfano nella vita ultimamente e la sfiga ci mette sempre del suo. Ma questo blog è una mia creazione e mi riempie di orgoglio, anche e soprattutto grazie a voi e al vostro supporto. Così ho deciso di regalarvi il mio sorriso che ultimamente non riesco a sfoggiare tutti i giorni, ma che voi riuscite sempre a tirare fuori.

 

327 Grazie a tutti.

16:22 20 commenti
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